«Sono sgomento di fronte a questo vespaio mediatico». Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti risponde alle polemiche che l’hanno riguardato sulla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. «Il tema non è all’ordine del giorno, non è una priorità, neanche lontanamente», spiega Fioramonti. Quella della presenza del crocifisso nei luoghi pubblici in Italia è una questione che divide cattolici e laici da decenni. Il dibattito si accende soprattutto quando la discussione riguarda le scuole. Lo dimostra anche l’ultimo caso. La polemica è scoppiata dopo le affermazioni del ministro dell’Istruzione Fioramonti che ha detto di ritenere l’esposizione della croce nelle aule scolastiche «una questione divisiva» e di preferire una «scuola laica», dove alla parete sia appesa «una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione».
Prima l’idea di tassare merendine e bibite, adesso l’idea di togliere i crocifissi dalle aule: ma questo è un ministro o un comico??? pic.twitter.com/Eals5QOgfb
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) October 1, 2019
Non si è fatta attendere anche la reazione del segretario della Lega Matteo Salvini, che è intervenuto con un post ironico su Facebook: «Prima l’idea di tassare merendine e bibite, e adesso l’idea di togliere i crocifissi dalle aule: ma questo è un ministro o un comico?». Poi, durante una diretta Facebook, ha aggiunto: «Leggo che c’è chi chiede tortellini senza carne? È come proporre il vino senza uva. Ma stiamo scherzando. Aveva ragione Oriana Fallaci. Il problema sono alcuni italiani che dimenticano le loro radici, negano la nostra storia, dal tortellino al crocifisso. Ma devo essere io a difendere la fede e i valori? Io che sono un peccatore».
«Spiace che si ritorni, con una certa periodicità, su questo tema – ha commentato monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei – , cui peraltro hanno già risposto due pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Costituzionale e una della Grand Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. E sono proprio questi pronunciamenti a dare una lettura positiva e non ristrettiva della laicità: il Crocifisso non è un simbolo discriminatorio, ma richiama valori civilmente rilevanti. Come non pensare alla nostra cultura che è intrisa di Cristianesimo e anche di ciò che ne è scaturito in termini di accoglienza e di integrazione? Il Crocifisso nelle aule scolastiche ha, dunque, una funzione simbolica, altamente educativa, a prescindere dalla religione professata da docenti e alunni».
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Una controversia mai sopita tra cattolici e laici, che partì quasi un ventennio fa con una crociata da parte di Adel Smith, presidente dell’Unione musulmani d’Italia e del giudice Luigi Tosti, promotori di una battaglia anti-crocefisso. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con una sentenza definitiva, nel 2011 sancì che il crocifisso poteva restare affisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane. La vicenda giudiziaria da cui è iniziato tutto, e che è durata quasi 9 anni, è partita dall’istituto Vittorino da Feltre, una scuola di Abano Terme, nel padovano. Il 27 maggio 2002 il Consiglio di Istituto della scuola respinge il ricorso della famiglia di due alunne e decide che possono essere lasciati esposti negli ambienti scolastici i simboli religiosi, in particolare il crocifisso, unico simbolo esposto. Ma la madre delle due alunne non ci sta: impugna la decisione davanti al Tar del Veneto. Dopo ricorsi e rinvii con la sentenza del 18 marzo 2011 la Grande Camera ritiene che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche e negli altri luoghi pubblici non possa essere considerato un elemento di «indottrinamento» e dunque non comporta una violazione dei diritti umani. «Le autorità – dice la Grande Camera – hanno agito nei limiti della discrezionalità di cui dispone l’Italia nel quadro dei suoi obblighi di rispettare, nell’esercizio delle funzioni che assume nell’ambito dell’educazione e dell’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire l’istruzione conformemente alle loro convinzioni religiose e filosofiche».