La ritorsione della Russia di Vladimir Putin, dopo l’accordo europeo su nuove sanzioni al Paese legate al caso dell’oppositore Alexei Navalny e alle violazioni dei diritti umani, ha colpito anche il presidente del parlamento Ue, David Sassoli. Secondo quanto riportato dall’agenzia Interfax, «in risposta alle misure limitative introdotte il 2 e il 22 marzo di quest’anno nei confronti di sei cittadini russi», Mosca ha sanzionato otto rappresentanti delle strutture ufficiali dell’Unione europea, vietando loro l’ingresso nel Paese.
Oltre a Sassoli, nella black-list di Mosca sono finiti anche la vicepresidente della Commissione Ue per i valori e la trasparenza, Vera Jourova, il presidente del National Electronic Media Council della Lettonia, Ivars Abolins e il lettone Maris Baltins, direttore del National Language Centre. A loro si aggiungono Jacques Maire, membro della delegazione francese all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Ana Scott, capo del laboratorio di sicurezza chimica e nucleare dell’Istituto svedese di Ricerca sulla Difesa e Ilmar Tomusk, capo del dipartimento linguistico dell’Estonia.
«A quanto pare, non sono il benvenuto al Cremlino. Lo sospettavo un po’. Nessuna sanzione o intimidazione fermerà il Parlamento europeo o me dalla difesa dei diritti umani, della libertà e della democrazia. Le minacce non ci zittiranno. Come ha scritto Tolstoj, non c’è grandezza dove non c’è verità», scrive su Twitter David Sassoli.
Apparently, I’m not welcome at the Kremlin? I had suspected it a bit… No sanctions or intimidation will stop the @Europarl_EN or me from defending human rights, freedom, and democracy. Threats will not silence us. As Tolstoy wrote, there is no greatness where there is no truth.
— David Sassoli (@EP_President) April 30, 2021
Il 2 marzo, con un provvedimento sanzionatorio per violazione dei diritti umani, il Consiglio Europeo aveva imposto misure restrittive nei confronti di Alexander Bastrykin, capo del comitato investigativo della Federazione russa, Igor Krasnov, procuratore generale, Viktor Zolotov, capo della guardia nazionale, e Alexander Kalashnikov, capo dell’amministrazione penitenziaria federale. Tutti erano stati accusati dell’arresto arbitrario, nel processo e nella condanna di Alexei Navalny, come pure nella repressione delle proteste pacifiche legate al trattamento illegale riservatogli. A questi personaggi era stato imposto il divieto di viaggio in Paesi dell’Unione. Sempre a marzo l’Europa aveva decretato sanzioni contro esponenti di Cina, Corea del Nord, Libia e Russia ritenendoli responsabili di violazioni dei diritti umani. Mosca, in particolare – secondo una comunicazione del Consiglio d’Europa datata 22 marzo 2021 – era stata colpita per la repressione ai danni dei dissidenti e di esponenti del movimento Lgbt in Cecenia: Strasburgo aveva disposto il divieto di viaggio e il congelamento di alcuni beni.
La Russia alza il tiro colpendo otto rappresentanti delle istituzioni europee. «L’Unione europea – si legge nel comunicato riportasto da Interfax – continua la politica di misure restrittive unilaterali illegittime contro i cittadini e le organizzazioni russe. Solo nel marzo 2021, sei russi sono stati soggetti a restrizioni Ue illegali. Questa pratica è contraria alla Carta delle Nazioni Unite e alle norme fondamentali del diritto internazionale. È accompagnato da isteria anti-russa deliberatamente dispersa nei media occidentali. Non supportato da prove. Tutte le nostre proposte per risolvere eventuali problematiche che sorgono tra la Russia e l’Ue vengono costantemente ignorate o respinte».