«Nell’unanimità improvvisata di ieri che ha visto tutti insieme a tutti, si è inevitabilmente e oggettivamente annacquata una battaglia durata dieci anni». Il giorno dopo il via libera in consiglio dei ministri alla controriforma della Giustizia del ministro Cartabia, con i voti a favore del Movimento 5 stelle, ad esprimere tutta la sua amarezza è l’ex Guardasigilli pentastellato, la cui riforma della prescrizione è stata smantellata. «La norma votata ieri – ha scritto su Facebook – a mio modesto parere, rischia di trasformarsi in una falcidia processuale che produce isole di impunità e che, comunque, allungherà i tempi dei processi». Ma ora cosa succede? Dentro ai gruppi M5s regna il malumore, la rabbia e soprattutto il caos. E l’unica prospettiva possibile per molti è quella di spostare lo scontro sulla riforma in Parlamento.
Al centro del dibattito politico riguardante il processo penale c’è il nodo sulla prescrizione, che la riforma Bonafede cancella dopo la sentenza di primo grado. Un punto diventato un cavallo di battaglia per anni del Movimento 5 Stelle, al contrario della volontà espressa degli altri partiti e per questo bisognoso di una mediazione alla quale hanno lavorato il ministro della Giustizia e il presidente del Consiglio. L’obiettivo della riforma che riguardano la giustizia è quello di velocizzare i tempi, per renderli in linea con gli standard europei.
Dopo la sentenza di primo grado la prescrizione cessa di decorrere sia per gli assolti che per i condannati, ma da quel momento scattano per i processi d’appello e in Cassazione tempi tassativi superati i quali viene dichiarata l’improcedibilità: due anni per il secondo grado e un anno per il giudizio di legittimità. Tuttavia, per reati gravi come mafia, terrorismo, droga e anche la corruzione, così come per procedimenti particolarmente complessi, i termini di durata massima possono essere prorogati fino a tre anni in appello e un anno e mezzo in Cassazione. Il decorso dei termini per l’improcedibilità viene sospeso con gli stessi criteri utilizzati ora per interrompere il decorso della prescrizione, in modo da evitare manovre dilatorie; in caso di stop al procedimento penale il giudice civile può ugualmente decidere su eventuali risarcimenti in favore delle parti lese.
Si confermano le proposte contenute nel disegno di legge presentato dall’ex ministro Bonafede al tempo del governo Conte 2 su piccole limitazioni all’appello delle sentenze di primo grado per esempio dopo un proscioglimento per reati puniti con pena pecuniaria. Resta la possibilità di proporre appello nelle altre sentenze, sia di condanna che di assoluzione, da parte del pm e dell’imputato; tuttavia vengono recepite dalla legge le cause di inammissibilità per motivi troppo generici e non specifici già sancite dalla Cassazione. Per garantire che l’esercizio dell’azione penale risponda a principi di efficacia ed efficienza, le Procure devono indicare le loro priorità, in maniera «trasparente e predeterminata», nei progetti organizzativi da sottoporre al Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito dei «criteri generali» individuati con legge dal Parlamento.
Per ridurre la durata dei tempi dei processi, viene aumentata la possibilità di ricorrere a riti speciali o alternativi. Si prevede che il patteggiamento allargato a pene detentive superiori a due anni venga esteso alle pene accessorie e alla loro durata, nonché alle confische facoltative, al loro oggetto ed ammontare. La riduzione di pena (attualmente di un terzo) per chi sceglie il giudizio abbreviato viene applicata per un ulteriore sesto se l’imputato rinuncia all’impugnazione della sentenza. Nel caso del cambiamento di uno o più giudici di un collegio, le testimonianze videoregistrate non dovranno essere ripetute, se non per specifiche esigenze. La digitalizzazione del processo viene incentivata sulla base di quanto già accade nel processo civile, ad esempio introducendo la possibilità del deposito degli atti e le notificazioni per via telematica, per garantire una ulteriore accelerazione dei tempi.