In una fase di riduzione di costi e di personale, compiti per i quali il premier Draghi ha mandato il “tagliateste” Carlo Fuortes a Viale Mazzini per sedersi sulla poltrona di amministratore delegato, la scelta di richiamare Amadeus alla direzione artistica del Festival di Sanremo, già ventilata nei mesi scorsi, era obbligata. Cos’altro di meglio di un soldato Rai, senza pretese economiche da generalissimo, con alcune medaglie al valore conquistate sul campo con I soliti ignoti e due edizioni del Festival, specchio di una tv replicante, senza idee e rassicurante?
Certo, il finale dell’edizione 2021 non era stato all’insegna dell’entusiasmo. Gli ascolti balbettanti, gli sbalzi di share, quando era atteso il “boom” per via degli italiani costretti in casa dal lockdown, il “tradimento” dell’amico Fiorello, annegato nel vuoto del Teatro Ariston, un cast sterminato, spossanti maratone canore fino a notte inoltrata e pesanti critiche avevano costretto alla resa il direttore artistico e conduttore: «Non ci sarà l’Ama ter, e questo l’avevamo già deciso io e Fiorello. Se un giorno la Rai vorrà affidarci ancora la manifestazione sarà una grandissima gioia, magari prima di compiere 70 anni, ma il terzo di seguito non ci sarà», aveva annunciato a denti stretti Amadeus, frenato dall’amico Rosario nell’impulso che gli diceva invece di accettare la sfida del terzo mandato.
Da quel giorno si sono rincorse le più diverse voci sul successore. Tutte improbabili. Impraticabile la pista che portava a Paolo Bonolis, perché volto di una rete rivale, Mediaset, perché troppo esoso e perché il suo appeal è in calo, come gli ascolti delle sue trasmissioni. C’è stata l’ipotesi giovanile con l’accoppiata Alessandro Cattelan, proprio quest’anno passato da Sky alla Rai, e Andrea Delogu: ma il primo continua a essere una incognita per la platea di Rai1, mentre la seconda non riesce a decollare. Tutte le altre ridde di voci facevano parte del solito gioco del “totonomi”, che adesso si scatenerà per trovare le damigelle d’onore e il compagno di avventura di Amadeus, incerto il “sì” di Fiorello, sebbene anche lui in cerca di rivincite.
Dei meriti, tuttavia, al soldato Amadeus bisogna riconoscere, al di là degli errori dettati dall’ingenuità e dall’entusiasmo. Il direttore artistico ha avuto il coraggio di dare una forte accelerata a quei tentativi di rinnovamento del cast canoro che erano cominciati timidamente con Fabio Fazio agli inizi degli anni Duemila e poi proseguiti, sempre con la stessa ritrosia, da Morandi, Conti e Baglioni. Ha vinto la scommessa Måneskin, sdoganando il rock a Sanremo e proiettando la band romana nell’olimpo musicale (grazie anche alla vittoria nell’Eurovision) e ha offerto una proposta musicale contemporanea, certificata dal successo post Festival di molte canzoni da Musica leggerissima di Colapesce e Dimartino a quelle di Madame, La Rappresentante di Lista, Coma_Cosa, protagonisti dei tour che attraversano quest’estate italiana.
Con questo triplete, Amadeus raggiunge l’amico Claudio Cecchetto (conduttore tra il 1980 e il 1982) e Carlo Conti (tra il 2015 e il 2017). Irraggiungibili restano Pippo Baudo e Mike Buongiorno che di Festival di fila ne hanno fatti cinque. Appuntamento all’Ariston, da martedì 1 a sabato 5 febbraio 2022. La macchina del Festival si è messa in moto, bisognerà vedere ora se verrà confermato anche il budget, che l’anno scorso era di 17 milioni (con un ritorno pubblicitario di 27). C’è da sperare che sia davvero il Sanremo del ritorno alla normalità, ci sono Franco Battiato e Raffaella Carrà da ricordare, e ci sono tantissimi giovani emergenti che vorranno seguire la scia dei Måneskin.