Il peggio deve ancora venire. Per gli afghani naturalmente, passati sotto il controllo dei talebani, ma anche per Joe Biden. I sondaggi sono ai minimi storici, l’opinione pubblica americana è scandalizzata, la stampa è schierata compatta contro il presidente Usa e, soprattutto, sembra aver perso il controllo del partito democratico. Tre commissioni del Senato controllate dai dem (Esteri, Intelligence e Forze Armate) annunciano di voler fare luce sugli errori delle amministrazioni sia repubblicane che democratiche in Afghanistan.
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Per Joe Biden si mette male. Un documento interno del Dipartimento di Stato Usa aveva avvertito a luglio della possibilità di una caduta di Kabul subito dopo la “deadline” per il ritiro totale delle truppe americane dall’Afghanistan. Lo scrive il “Wall Street Journal”. Nell’articolo cita un funzionario americano e una persona a conoscenza del documento datato 13 luglio. E questa, secondo il giornale, rappresenta «la prova più chiara» del fatto che l’amministrazione Usa era stata messa in guardia dai suoi stessi funzionari sul campo. Si avvertiva che l’avanzata dei Talebani era imminente. E che l’esercito afghano avrebbe potuto non essere in grado di fermarla.
Il Capo di stato maggiore delle forze armate Mark Milley nega di aver ricevuto un’allerta sulla caduta di Kabul in 11 giorni. Il consigliere della Sicurezza nazionale Jake Sullivan promette un’analisi su cosa è andato storto. Mentre dal fronte dei Repubblicani si intensificano gli attacchi. Donald Trump, che da presidente ha negoziato il ritiro con i talebani, su Fox News accusa Biden di aver mandato gli afghani «come agnelli al macello». «Il ritiro dall’Afghanistan è una questione molto importante, però nessuno ha gestito una ritirata peggiore di quella di Joe Biden, è la più grande vergogna della storia del nostro Paese». Mentre l’ex stratega di Bush, Karl Rove, sostiene che sarà «impossibile cancellare questa macchia per Biden».
Per i democratici, l’Afghanistan è invece un rebus politico di difficilissima soluzione. Da un lato, il partito non può abbandonare il suo presidente. Biden «deve essere lodato per la sua leadership e per l’impegno eccezionale a chiudere il coinvolgimento americano in Afghanistan», ha detto la leader della Camera, Nancy Pelosi. Ma nel partito si mescolano sentimenti diversi: vergogna per le circostanze del ritiro, preoccupazione per la sorte dei profughi, dubbi su cosa avverrà nei prossimi mesi. Se un centrista come Bob Menendez, che guida la Commissione Relazioni Internazionali del Senato, dice di essere «deluso per come Biden non abbia chiaramente valutato le implicazioni di un rapido ritiro», la sinistra del partito appare più interessata alla sorte dei profughi e al loro possibile futuro negli Stati Uniti. Jack Reed, senatore liberal del New England, spiega di «essere profondamente preoccupato per l’evolvere della crisi umanitaria». In generale la vicenda mostra come il Partito democratico mostri ogni giorno che passa qualche crepa in più. E Biden fatica ad assicurare unità e condivisione di intenti.
Mentre il tasso di approvazione di Joe Biden nei sondaggi scende al 49%, la prima volta al di sotto della soglia del 50% da quando è diventato presidente. A scalfirlo potrebbe essere stata già la variante Delta, secondo il sito Politico, e forse è inevitabile che Biden si assesti intorno al 40-45% come i suoi due predecessori. Il consenso stava già gradualmente scendendo da mesi (a luglio era al 52,7% secondo una rilevazione), ma il partito democratico teme che il caos afghano sia arrivato in un momento in cui un numero crescente di americani è già preoccupato per l’inflazione e per la gestione della pandemia e ha paura per l’impatto sulle elezioni di midterm del 2022.
La scommessa dell’amministrazione Biden è quindi soprattutto una: portare a casa tutti i cittadini Usa e aspettare che i riflettori dei media sull’Afghanistan si spengano lentamente. È una scommessa cinica, che abbandona gli afghani al loro incerto destino. È una scommessa su cui Biden e i suoi affidano il futuro, ma che porta con sé un’incognita. Nel caso infatti di una ripresa di attentati terroristici riconducibili ai talebani, le immagini del disastroso ritiro da Kabul si ritorcerebbero come un boomerang affilatissimo contro le ambizioni politiche di questa amministrazione e dei democratici.