Da Londra a Tokyo, passando per Wimbledon e Montreal: lo sport italiano ha vissuto la sua più grande estate di sempre. E adesso ritorna a un campionato di calcio povero come non mai. Quasi non c’è stato mercato. Il coronavirus infatti ha intaccato gli introiti delle società calcistiche, che non hanno visto cambiare i costi ma allo stesso tempo diminuire gli introiti. E se le big cercano tutte, chi più chi meno, chi meglio chi peggio, di sopravvivere, le piccole rischiano il fallimento.
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Quello 2021-22 doveva essere il campionato della rinascita, dopo il trionfo azzurro agli Europei, la riapertura seppur parziale degli stadi e la luce in fondo al tunnel della pandemia. Invece questo sarà soprattutto il campionato del Covid, inteso come la prima stagione in cui il coronavirus farà sentire davvero i suoi effetti. Certo, due anni fa abbiamo avuto un torneo interrotto per lockdown e finito in estate, evento praticamente irripetibile nella storia. Abbiamo vissuto tutto lo scorso campionato a porte chiuse, tra contagi nelle squadre, tamponi sospetti, rinvii e ricorsi. Ma fino ad oggi le squadre di Serie A avevano sostanzialmente provato a fare finta di nulla, convivere con l’epidemia, giocare come se nulla fosse. E in parte ci sono anche riuscite. Ma il Covid e gli errori precedenti hanno dissanguato le società.
Quanto successo all’Inter, passata nel giro di poche settimane dai festeggiamenti per il titolo all’addio di Conte, Hakimi e Lukaku, i tre uomini simbolo del 19esimo scudetto, è l’emblema del calcio italiano. Ma non è che le altre stiano troppo meglio: la crisi è totale, generalizzata. Le società sono dissanguate dai debiti. Salvo rari casi virtuosi, l’unica, vera differenza è tra chi ha una proprietà che può coprire con aumenti di capitale le voragini in bilancio e chi no. Per questo, almeno fino ad ora, abbiamo assistito a un mercato letteralmente paralizzato, dove i più fortunati sono quelli che riescono a non vendere, gli acquisti si vedono con il contagocce, di grandi colpi neanche l’ombra.
La Juventus è il club con il maggior indebitamento finanziario netto, 358 milioni. C’è poi l’Inter: i nerazzurri hanno usufruito di un prestito di 275 milioni da parte del fondo Oaktree, ma la società dovrà rimborsarlo entro tre anni con un tasso di interesse da capogiro, 9%. Il Milan del fondo Elliott ha speso dal 2018 ben 705 milioni di euro, ma la qualificazione in Champions permette ai rossoneri di chiudere con un rosso di bilancio inferiore ai 100 milioni. Pochi i club in grado di fare bene. Tra questi l’Atalanta, che chiude in utile per la quinta volta consecutiva, e il Napoli, senza debiti verso le banche e con 123,8 milioni di liquidità.
La Roma forse è l’unica eccezione: la nuova proprietà americana dei Friedkin si è presentata con tante ambizioni e pure soldi, ha portato Mourinho e Abraham, il colpo più costoso della storia giallorossa, ma nonostante un budget da quasi 100 milioni dovrà trovare soluzioni per risanare i conti ed evitare altri aumenti di capitale. Nessuno in Serie A, in questa Serie A, può più permetterseli. Alla fine non è detto che ne venga fuori un campionato meno bello, appassionante, combattuto. Ma sicuramente sarà più povero.