Tra qualche mese il mandato presidenziale di Sergio Mattarella sarà concluso: avverrà quindi l’elezione del nuovo presidente della Repubblica da parte della Camera dei Deputati su iniziativa del Presidente della Camera. E nel dibattito interno alle varie forze politiche da alcuni giorni dalla si fa sempre più insistente l’ipotesi di una candidatura dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In realtà è un’ipotesi che circola da oltre un anno, suscitando comprensibilmente un certo stupore. Ma se fino a un po’ di tempo fa era perlopiù derisa e sminuita dagli osservatori, ora sta ricevendo attenzioni più serie.
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E il diretto interessato non la esclude: «Penso che Silvio Berlusconi può essere ancora utile al Paese e ai cittadini italiani, vista la stima che ancora mi circonda in Europa. Vedremo cosa potrò fare, non mi tirerò indietro, e farò quello che potrà essere utile per il nostro Paese». Più difficile è capire se il centrodestra stia realmente prendendo in considerazione questa ipotesi, o se invece gli alleati e i collaboratori di Berlusconi lo stiano assecondando solo per lealtà e amicizia.
Con i suoi 85 anni, Berlusconi avrebbe un’età molto avanzata per ricoprire l’incarico. Ma è soprattutto la sua storia politica e giudiziaria a renderlo un evento eccezionale. È stato di gran lunga il più controverso politico della storia italiana recente, al centro di infinite accuse e scontri politici, e imputato in tanti processi giudiziari: alcuni dei quali ancora in corso, come il cosiddetto “Ruby Ter”, e in un caso concluso con una condanna definitiva, quella sul “processo Mediaset”. Queste circostanze rendono difficilissimo un suo eventuale piano per costruirsi una candidatura al Quirinale.
Ma lui non rinuncia al sogno di chiudere la carriera diventando presidente della Repubblica. Un centrodestra apparentemente unito e il sostegno delle forze parlamentari del Gruppo Misto che potrebbero farlo diventare realtà. L’ex presidente del Consiglio,che conosce bene le dinamiche parlamentari, sa anche di non avere alcuna chance di elezione nelle prime tre votazioni. Tutto si giocherà alla quarta quando basteranno 505 grandi elettori per salire al Quirinale: ed è qui che si gioca tutto. 451 voti arriveranno dal centrodestra, qualora votasse compatto per Berlusconi: nello specifico 197 voti verrebbero dalla Lega, 127 dalla sua Forza Italia, 58 da Fratelli d’Italia e 31 da Coraggio Italia di Toti oltre ad alcuni centristi. Si aggiungerebbero, infine, 5 grandi elettori di Noi con l’Italia-Sgarbi e 33 delegati regionali. All’appello, numeri alla mano, come scrive il Corriere, ne mancherebbero 54.
Secondo Paolo Romani, in passato fedelissimo del Cavaliere, l’aiuto a Berlusconi potrebbe arrivare da qualche «ex pentastellato nel Misto spaventato dall’ipotesi Draghi al Colle oppure dai renziani che sono 43». Ma è anche vero che Italia Viva punterà tutto su Pier Ferdinando Casini. Da escludere, invece, almeno nel conteggio ufficiale, i parlamentari di Pd, M5s e Leu: difficilmente sosterrebbero pubblicamente la “candidatura” di Berlusconi a Capo dello Stato. Ma nella votazione segreta tutto può succedere. Poi c’è il Gruppo Misto che ha la bellezza di 51 parlamentari, di qualsiasi provenienza, che potrebbero essere l’ago della bilancia. Tra questi, come riporta Il Corriere della Sera, c’è Lello Ciampolillo, che tutti ricorderanno per aver salvato il governo Conte II, o Andrea Causin, ex azzurro.
Come per ogni elezione del presidente della Repubblica, le circostanze politiche sono determinanti e possono compromettere candidature apparentemente trasversali e favorirne altre più imprevedibili. Questa volta, l’aspetto più rilevante che influenzerà l’elezione del successore di Sergio Mattarella è il fatto che dalla prossima legislatura il numero di parlamentari sarà ridotto di circa un terzo, dopo il referendum costituzionale dell’anno scorso. Questo, unito al fatto che diversi partiti sono assai calati nei sondaggi rispetto alle elezioni del 2018 fa sì che centinaia di parlamentari siano piuttosto sicuri che non saranno rieletti. Significa che molti di loro hanno interesse ad arrivare alla naturale fine della legislatura, nel 2023, evitando le elezioni anticipate. È il motivo per cui quello che sembrava il candidato naturale al Quirinale, Mario Draghi, è diventato nelle ultime settimane assai meno favorito: perché diversi partiti vogliono che rimanga presidente del Consiglio, considerandolo l’unica garanzia che la legislatura possa durare ancora un anno e mezzo.