C’è chi dice che è sicuro e chi dice che è rischioso, chi lo ritiene fondamentale e chi inutile, chi vorrebbe accelerare e chi tira il freno: nonostante siano iniziate le somministrazioni del vaccino anti-Covid per i bambini tra i 5 e gli 11 anni non si ferma lo scontro tra virologi ed esperti. Non c’è unanimità di vedute, non c’è traccia di quella voce univoca invocata dai cittadini fin dall’inizio della pandemia ed essenziale in una fase in cui le misure di prevenzione anti-Covid toccano i più piccoli, la parte più delicata della società. E i dubbi dei genitori aumentano.
E tra le tante voci a favore della campagna vaccinale sui bambini, ce n’è qualcuna fuori dal coro. Come quella del direttore dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, alla guida di un istituto che è il quartier generale della lotta al virus, che sostiene che non è ancora il momento di somministrare il farmaco anche ai bambini. La vaccinazione è un problema di sanità pubblica e Vaia tocca un punto centrale nel dibattito, specificando che non si può far carico ai bambini di risolvere un problema sociale. «Il vaccino serve ai bambini fragili e a chi vive con i fragili. Non bisogna utilizzarli dicendo che vanno vaccinati per proteggere gli adulti», ha detto Vaia. Il direttore dello Spallanzani ha poi aggiunto che i bimbi difficilmente sviluppano forme gravi della malattia e dunque, non essendo chiari gli effetti del vaccino su di loro nel lungo periodo, non vi sono ragioni sufficienti per correre subito dei rischi.
Cautela sul vaccino ai bambini da Francesco Broccolo. Per il virologo dell’Università di Milano – Bicocca bisogna valutare il rapporto rischi-benefici: «Io ho bambini piccoli, di 13 e di 8 anni. La bambina di 13 anni è stata vaccinata, sul bambino di 8 anni ci sto pensando: sto valutando i rapporti rischi-benefici. Sul rapporto dei benefici, si mette nel computo benefici individuali e benefici della collettività». Francesco Broccolo si sofferma sulla “dicotomia” tra vantaggio individuale e vantaggio collettivo legato alla vaccinazione dei più piccoli: «Se i bambini si ammalano gravemente raramente e sono curabili, mi chiedo: quali sono i reali benefici, visto che il vaccino non riesce a bloccare l’infezione e la trasmissione? Qual è il vantaggio? Un farmaco, per essere definito tale, deve essere valutato per il beneficio sull’individuo. Se il tema della collettività non può essere trascurato allora ragioniamo sull’obbligo di vaccinazione nei pazienti che finiscono in terapia intensiva».
Giovanni Frajese, endocrinologo, docente all’università del Foro Italico di Roma sul tema della vaccinazione ai bambini ha parlato da padre, ancor prima che da medico: «Non vaccinerò mia figlia, il vaccino è ancora in fase di sperimentazione». «Io dai dati vedo che l’inizio della sperimentazione del vaccino è al 24 marzo 2021, la conclusione del trial è il 23 luglio del 2024, mi state dicendo che questa non è una sperimentazione?», insiste Frajese. «Il trial finisce nel 2024 e questa non è una sperimentazione? Ragazzi, abbiate pazienza – polemizza il medico – se c’è un trial clinico che finisce nel 2024 è una sperimentazione, al di là delle definizioni che gli volete dare. È sbagliato dare informazioni false, perché poi la gente perde fiducia nella comunicazione».