Mentre l’operazione scoiattolo per portare Berlusconi al Quirinale vacilla, i partiti senza candidati scivolano verso Mario Draghi. E il premier non resta immobile nella partita per il Quirinale. Non lo fa in modo plateale come Berlusconi, ma anche lui sta lavorando per arrivare al Colle. Draghi, che si era autocandidato e mai ha dato precisazioni in senso opposto, si starebbe muovendo da giorni: incontra ministri, rappresentanti dei partiti, non solo per questioni di governo, ma anche per organizzare la sua ascesa al Colle, che dovrebbe essere decisa alla quarta chiamata, quando non servirà più la maggioranza qualificata.
Il disegno del presidente del Consiglio di traslocare al Quirinale, di fronte allo stallo dei vari schieramenti, sembra sempre più possibile. Draghi ha già ha incassato l’esplicito sostegno del Financial Times: il giornale della finanza internazionale ha sancito che Draghi deve andare al Colle per «garantire le riforme». Una linea condivisa anche dal New York Times. E poche volte gli endorsement di media e finanza internazionale hanno fatto più rumore, perché arrivati in uno scenario italiano bloccato che sembra incapace di trovare alternative. Intanto il premier, da Palazzo Chigi, continua le sue consultazioni e ha ricevuto il presidente di Stellantis John Elkann: è solo l’ultimo di una lunga serie di incontri quotidiani con esponenti politici e istituzionali (ha già visto Mattarella, Cartabia, Fico, Di Maio), per dare garanzie, mantenere contatti e studiare la sua via d’uscita.
Nel frattempo i partiti vivono uno stallo generale: da una parte il centrodestra è impantanato con Silvio Berlusconi che prende tempo per sciogliere la riserva (l’ex premier è rimasto a Milano e ha annullato il vertice del centrodestra che si sarebbe dovuto tenere a Roma , in queste ore), mentre la coppia Salvini-Meloni che cerca di non farsi schiacciare in una strategia già fallimentare. Dall’altra parte Pd e M5s invocano a un nome che unisca gli schieramenti. Letta intervistato su Radio Immagina ha chiesto un nome “super partes” e parlato della necessità di un’intesa con il centrodestra. Ma al di là degli appelli, nessuna via d’uscita concreta sembra al momento delinearsi all’orizzonte.
Il dilemma non solo è cosa farà Berlusconi e, di conseguenza, come si muoveranno Salvini e Meloni. Ma capire anche quanto sia forte, nei gruppi del M5s, la suggestione di «congelare» il quadro attuale. È la soluzione più facile e il pressing su Mattarella resta forte da più parti, ma il capo dello Stato uscente resta convinto che il doppio mandato sia «un errore». I leader hanno ormai ben chiaro che potrebbero supplicarlo per un bis solo tutti insieme, come ultima scialuppa di salvataggio, se la nave Italia stesse per affondare. Ecco allora che le quotazioni di Mario Draghi salgono vertiginosamente, a Palazzo non si parla d’altro.