L’improvviso e pesantissimo aumento del carburante – provocato apparentemente dall’invasione russa dell’Ucraina– viene definito «una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini» dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. «Stiamo assistendo ad un aumento del prezzo dei carburanti ingiustificato – dice a Sky Tg 24 – non esiste motivazione tecnica di questi rialzi. La crescita non è correlata alla realtà dei fatti è una spirale speculativa, su cui guadagnano in pochi».
L’Italia non è un’anomalia internazionale nei recenti e bruschi aumenti del prezzo del carburante alla pompa. Ma si potrebbe pagare almeno il 5% di meno circa se alle tensioni sui mercati internazionali non fossero corrisposti comportamenti di operatori nel Paese che, numeri alla mano, sembrano opportunistici e speculativi. Non tutto nell’aumento medio della benzina da 1,850 a 2 euro al litro da quando è scoppiata la guerra, era inevitabile.
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In termini puramente industriali il carburante che si paga alla stazione di rifornimento dovrebbe riflettere i prezzi del petrolio di un mese prima circa, perché questo è un lasso di tempo che di solito separa l’acquisto del greggio da parte delle società di raffinazione e la vendita della benzina o del gasolio al dettaglio. Nella realtà però l’intera filiera tende a scaricare ai consumatori gli aumenti delle quotazioni del barile prima di subirli: vende il carburante da greggio comprato ai vecchi prezzi più bassi come se lo avesse pagato alle nuove quotazioni aumentate.
Dall’inizio dell’anno il Brent è rincarato del 45,6% mentre — secondo l’indice internazionale Platts di S&P — la benzina è salita del 20% e il gasolio del 29,3%. Da quando Vladimir Putin firma il riconoscimento delle pseudo-repubbliche del Donbass il 21 febbraio, il Brent è cresciuto del 22%, la benzina a livello internazionale (Platts) del 9,9% e il gasolio del 16,7%. I rincari ci sono stati, rapidi, ma minori di quelli del petrolio. Questo non ci fa stare più tranquilli, perché con molta probabilità ne seguiranno altri.
Rispetto agli aumenti internazionali, anche al netto delle tasse, la benzina in Italia è rincarata di più rispetto agli altri Paesi: del 27,6% dall’inizio dell’anno e del 10,7% dall’inizio della guerra. Il gasolio in Italia invece è rincarato in linea con il resto del mondo da inizio anno e addirittura meno dall’inizio, sempre al netto delle pesantissime tasse. Il presidente di Assopetroli (l’associazione dei distributori al dettaglio), Andrea Rossetti, riferisce al Corriere della Sera che dall’inizio della guerra si stanno verificando profonde anomalie nella filiera. Di solito in Italia le società di raffinazione o importazione del prodotto già raffinato applicano uno «spread» (o commissione di intermediazione) di 8 centesimi al litro per la rivendita al distributore, pari circa al 5,5% della quotazione odierna del gasolio all’indice Platts. Ma dall’inizio della guerra questo spread è esploso: alcune società lo fanno salire dal 5% all’11% (prima delle tasse), altre addirittura lo hanno imposto quasi al 19,7% del costo netto del prodotto di base.
Dunque, la denuncia del ministro Cingolani sui prezzi speculativi alla pompa non sembra affatto infondata. Ma quello che dovrebbe fare un ministro è trovare un rimedio. Se la benzina in poche settimane è giunta a sfiorare i 2 euro e mezzo è possibile che ci sia qualcuno che se ne stia approfittando e che la colpa forse non sia tutta da attribuire a Putin e alla guerra in Ucraina. Però una persona con un ruolo istituzionale non va in tv a dire che l’aumento dei carburanti è «una truffa colossale ai danni dei cittadini e delle imprese». Se è convinto che dietro ai rincari ci sia una speculazione o, peggio, una frode ha a disposizione molti strumenti per intervenire e porre fine al ladrocinio. Una colossale truffa comporta un colossale imbroglio, un inganno ai danni di milioni di italiani e di centinaia di migliaia di imprese, le quali sono costrette a pagare di più per sostenere le proprie attività e tutto ciò si tradurrà in un rincaro dei prezzi per il consumatore.