Fino a quando è il Papa a dire che «aumentare le spese militari è una pazzia» non rappresenta un atto politico, ma quando lo fa un esponente della maggioranza il governo traballa. La decisione di Giuseppe Conte di schierarsi contro l’aumento delle spese militari sta creando non poche tensioni nell’ampia coalizione che sostiene il governo guidato da Mario Draghi. Il 16 marzo la Camera dei deputati, durante la discussione del cosiddetto “decreto Ucraina”, aveva approvato un ordine del giorno per impegnare il governo ad aumentare le spese militari fino al 2% del Pil.
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Nonostante l’ordine del giorno fosse stato approvato a larga maggioranza, nei giorni successivi molti esponenti dei partiti che avevano sostenuto l’aumento della spesa hanno iniziato a esprimere dubbi sulla possibilità di approvare un testo identico al Senato, dove mercoledì prossimo è in programma il voto definitivo sul decreto.
Il Movimento 5 Stelle è il partito più scettico in merito all’aumento delle spese militari. «In un momento come quello attuale di caro-bollette, dopo due anni di pandemia, e con la recessione che si farà sentire sulla pelle di famiglie e imprese, non si capisce per quale motivo le priorità debbano essere le spese militari», ha detto Conte. Ma non tutti la pensano come lui all’interno del Movimento.
Mentre molti esponenti della Lega non sembrano essere d’accordo con l’aumento della spesa da destinare alla Difesa. Dopo l’intervento di Draghi in Parlamento, il leader leghista Matteo Salvini ha detto che le armi «non sono mai la soluzione». Anche all’interno del Pd si è aperta una riflessione. Chi cercherà di approfittare delle possibili divisioni nella maggioranza sarà probabilmente Fratelli d’Italia, che ha presentato un ordine del giorno al Senato per chiedere il rispetto dell’ordine del giorno già approvato alla Camera.
Così Draghi potrebbe far ricorso al voto di fiducia che costringerebbe i senatori a votare il testo del decreto Ucraina approvato dalla Camera senza la possibilità di votare emendamenti e ordini del giorno, ma che in caso di mancata approvazione causerebbe la caduta del governo. Ipotesi che si vorrebbe scongiurare. «Troveremo una soluzione», ha detto il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, anche se non sembra essere un obiettivo semplice.