L’unità europea contro il pagamento del gas russo in rubli ha pericolosamente vacillato per via di un’intervista al ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani: «Penso che sarebbe bene per alcuni mesi, almeno, consentire alle aziende di andare avanti e pagare in rubli, mentre comprendiamo il quadro giuridico e le implicazioni». Ma Cingolani ha smentito le dichiarazioni riportate da Politico sostenendo che il contenuto dell’articolo non corrispondesse al suo pensiero.
«L’articolo pubblicato da Politico dal titolo ‘Italy open to paying for Russian gas with rubles’ è fuorviante e non corrisponde alla posizione espressa dal ministro Cingolani che non ha mai aperto ad un pagamento in rubli», si legge in una nota del ministero alla Transizione ecologica. «In attesa che si definisca unitariamente, a livello di Ue, la posizione sui pagamenti, lo schema euro/rubli che prevede che le imprese paghino in euro, al momento non lascia ravvisare una violazione delle sanzioni stabilite il 24 febbraio», ha aggiunto il ministero.
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L’Unione Europea è accusata di finanziare lo sforzo bellico russo comprando gas, e di nuovo martedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto all’Europa di adottare «misure chiare per bloccare i ricavi energetici russi». Inoltre, se decidesse di pagare in rubli le forniture energetiche come chiesto dal regime russo, l’Europa rischierebbe di mettere a rischio anche la solidità delle sanzioni economiche contro la Russia.
Per questo, anche secondo il premier italiano, Mario Draghi, un chiarimento legale è necessario: il recente decreto russo che obbliga la banca di stato Gazprombank a convertire in rubli tutti i pagamenti ricevuti ha creato una “zona grigia” in cui non è possibile dire con sicurezza se ci sia stata o meno una violazione dei contratti da parte dei compratori europei. Draghi ha detto che il governo italiano seguirà le indicazioni europee e che «non c’è alcuna distinzione dell’Italia dagli altri paesi», ma ha anche aggiunto come sia «molto importante che la Commissione esprima un parere legale chiaro sul fatto se il pagamento in rubli costituisce circonvenzione delle sanzioni o no. Questo è l’unico modo per tenerci tutti uniti, se non c’è una linea di condotta è chiaro che ogni società o paese farà come crede».
Le discussioni sui pagamenti del gas in rubli erano iniziate quando a fine marzo il presidente russo Vladimir Putin aveva firmato un decreto che obbligava Gazprombank a convertire in rubli la totalità dei pagamenti ricevuti per il gas dai «paesi ostili», cioè tutti i paesi occidentali. Il decreto era un modo per aggirare le sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina e cercare di risollevare l’economia russa, ma soprattutto un espediente che permettesse ai paesi occidentali di continuare a pagare il gas russo in euro o dollari e allo stesso tempo alla Russia di ricevere l’equivalente i rubli. La Commissione Europea nei giorni scorsi aveva già espresso un parere sul pagamento in rubli, di fatto approvando lo schema del doppio conto, ma era stato considerato confuso e insufficiente da vari paesi che, come l’Italia, stanno chiedendo indicazioni più chiare su cosa fare nelle prossime settimane, quando arriveranno le scadenze dei pagamenti.
A rendere più confusa la situazione c’è il fatto che varie aziende energetiche europee si starebbero muovendo per conto proprio: secondo indiscrezioni pubblicate da Bloomberg nei giorni scorsi, per esempio, anche l’italiana Eni sarebbe pronta ad aprire un conto in rubli presso Gazprombank, per seguire il sistema di pagamento chiesto dal regime russo.