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Italia divisa tra salario minimo e reddito di cittadinanza

Può aiutare il via libera alla direttiva Ue ma maggioranza e parti sociali restano divise. Il rischio, concreto, è quello di un cortocircuito che non consenta di avere stipendi adeguati ma che continui a finanziare sussidi

Redazione di Redazione
Giugno 7, 2022
in Economia
Tempo di lettura: 3 mins read
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Italia divisa tra salario minimo e reddito di cittadinanza

C’è un problema serio in Italia che riguarda i salari e il potere d’acquisto, costantemente ridotto dall’aumento dell’inflazione. Servirebbero misure di politica economica capaci di garantire sostegno, senza fare danni. Non è facile farlo per definizione ed è ancora più difficile farlo in questa fase, con una maggioranza tanto larga quanto divisa: reddito di cittadinanza o salario minimo. Sarebbe necessario mettere insieme il governo, la maggioranza e le parti sociali, trovando un compromesso che sia utile a un mercato del lavoro che, prima con la pandemia e poi con le conseguenze della guerra in Ucraina, continua a proporre salari troppo bassi per reggere l’aumento dei prezzi. Di fatto, però, una fitta rete di veti incrociati rende complicato anche solo immaginare una road map che possa portare a sbloccare la situazione.

Partendo dal salario minimo, c’è da registrare una sostanziale apertura dal premier Mario Draghi, più vicino in questa fase alla posizione del ministro del lavoro Andrea Orlando, convinto che possa essere valorizzata una proposta che prevede come «il trattamento economico complessivo contenuto nei contratti possa diventare il salario minimo di riferimento per tutti i lavoratori di quel comparto». Aerve però un via libera politico che non c’è, come dimostrano le parole del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che ritiene il salario minimo «contro la nostra storia culturale di relazioni industriali». E serve anche una coesione nelle parti sociali che sembra lontanissima. La Cisl è contro il salario minimo, la Cgil di Maurizio Landini minaccia la piazza.

Un primo contributo significativo potrebbe arrivare però dalla Commissione Ue. Se si arrivasse a un accordo politico sulla direttiva per il salario minimo, come sembra probabile, si metterebbe un punto fermo. Ad oggi il “minimum wage” non è legge soltanto in sei Paesi: Italia, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia. L’obiettivo della proposta del Parlamento Ue è quello di istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei ventisette stati membri, rafforzando il ruolo della contrattazione collettiva.

La strada, in Italia, resterebbe comunque stretta. Il salario minimo si lega al taglio del cuneo fiscale e al reddito di cittadinanza, misura che in molti vorrebbero abolire ma che resta la misura di bandiera del Movimento Cinquestelle. Nato come misura per contrastare la povertà si è trasformato in breve tempo in un sistema per sottrarre illecitamente milioni di euro allo stato. Dal 2019 al 2021 sono stati percepiti 174 milioni di euro da persone che non ne avevano diritto. Così com’è il reddito di cittadinanza in buona parte non funziona: secondo gli ultimi controlli della polizia giudiziaria, tra carabinieri e Guardia di finanza, i dati forniti sono allarmanti e hanno messo sempre più in discussione le modalità con cui viene erogato questo reddito. Gli ultimi accertamenti effettuati su 87mila soggetti controllati hanno fatto emergere 4.839 irregolarità e 3.484 casi sono stati deferiti all’autorità giudiziaria. “Lavorare stanca” scriveva Cesare Pavese in uno dei suoi celebri racconti: e del resto perché i tanti giovani, specie al sud, che sono disoccupati, dovrebbero cercare lavoro al posto del più comodo reddito di cittadinanza?

Cinquecentomila nel Meridione e 258mila in Sicilia e Sardegna: a evidenziare chi non ha un lavoro e nemmeno uno stipendio è stato l’Eurostat, ossia l’istituto di statistica che lavora per Bruxelles ed elabora i dati forniti dall’Istat. Da quando i Cinquestelle hanno costruito il loro successo elettorale promettendo di abolire la povertà con il reddito di cittadinanza, il numero dei disoccupati è cresciuto. A ciò poi si aggiunge che spesso l’assegno erogato dall’Inps è accompagnato da qualche “lavoretto” in nero e così i senza occupazione si moltiplicano. Da almeno un anno, da quando l’Italia ha provato a ripartire lasciandosi alle spalle il Covid, non c’è ristoratore, albergatore e esercente che non trovi difficoltà a reperire manodopera.

Giorgia Meloni, in una intervista rilasciata a La Verità, promette di abolire l’assegno voluto dal M5s e rifinanziato dalla sinistra, e di rompere il circolo vizioso per cui molte aziende non trovano addetti. Anche Lega, Forza Italia e Italia viva si scagliano contro il reddito di cittadinanza. Il paradosso è che sono quasi tutti partiti che stanno al governo e che finora non hanno fatto nulla per abolirlo, forse per la preoccupazione di perdere consensi con conseguente caduta dell’esecutivo. Risultato: nonostante tutti (tranne il M5s) siano contrari alla misura, si lascia che l’Italia invece di creare lavoro continui a creare disoccupazione.

Tags: Governo DraghiM5sReddito di cittadinanzaSalario minimo
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