«Il reddito di cittadinanza «ha aumentato l’adeguatezza del reddito minimo dal 21,9% della soglia di povertà nel 2018 al 90,7% nel 2019». Chi si aspettava da Bruxelles una serie di critiche al reddito di cittadinanza è rimasto deluso. La misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, poi implementata nel periodo di governo in coabitazione con la Lega, costa ogni anno allo Stato circa 11 miliardi di euro. Un esborso che non disturba i falchi europei. Il motivo? Serve a creare un habitat salariale livellato verso il basso.
La misura non ha prodotto i risultati sperati, sotto il profilo determinante del reinserimento dei percettori nel mondo del lavoro. Il fallimento dei navigator ne è una dimostrazione evidente. Lungi dall’essere un mero provvedimento “assistenzialistico”, il reddito di cittadinanza era stato presentato come lo strumento per rivoluzionare il mondo del lavoro. I dati, a distanza di tre anni anni dalla sua introduzione, dimostrano il contrario, atteso che dei circa 3 milioni di percettori, oltre il 90% di essi non ha neppure sfiorato un lavoro, rifiutando le proposte (o non ricevendole affatto). Per non parlare, poi, degli abusi puntualmente verificatisi, addirittura con denari finiti talvolta nelle mani di delinquenti veri e propri. Inoltre, non funziona contro il lavoro nero e “incentiva” la disoccupazione. Sono diffusissime le situazioni in cui i percettori del reddito di cittadinanza svolgono contestualmente un lavoro non dichiarato, per non perdere il sussidio. Il danno è duplice, perché da un lato la sovvenzione finisce in una direzione sbagliata, dall’altro il lavoro nero sottrae ulteriori risorse alle casse dello Stato. Oltre ai percettori che fanno un altro lavoro, poi, ci sono quelli che, proprio in virtù del fatto di percepire l’assegno mensile, non cercano affatto un impiego o lo rifiutano in caso di proposte ritenute poco “convenienti”.
Ovviamente correlato con la scarsità dei risultati raggiunti, è l’onerosità della misura. Il reddito di cittadinanza ha un costo enorme per le casse dello Stato, una spesa di impatto primario. Finora le stime parla di circa 11 miliardi di spesa, preventivando che nel prossimo triennio le uscite per finanziare la misura superino i 20 miliardi di euro. Inutile sottolineare come le risorse risparmiate con la sua abolizione risulterebbero determinanti nel piano di ripartenza del Paese.
Il reddito di cittadinanza, oltre alla sua funzione di “reinserimento” nel mondo del lavoro si pone quale misura di sostegno per le fasce deboli della popolazione. L’emergenza da coronavirus, tuttavia, ha creato nuove categorie di “bisognosi”, sovvertendo l’ordine delle priorità per la destinazione di misure assistenziali. Ad oggi, infatti, sono le aziende ad aver bisogno di una cospicua reintegrazione di risorse, venute meno per effetto delle chiusure e delle compressioni subite dalle varie attività. In un contesto fisiologico di scarsità di risorse, la scelta su come destinarle deve rispondere a priorità che, nel nuovo paradigma economico, sono mutate e rendono anacronistica la misura del reddito di cittadinanza.
Ma il country report della Commissione Ue promuove ancora una volta il reddito di cittadinanza, sottolineando il ruolo che ha avuto sulla riduzione della povertà. Bruxelles però avverte: «Sebbene il tasso di povertà abbia iniziato a diminuire, la pandemia potrebbe ostacolare i guadagni ottenuti. Nonostante i miglioramenti, nel 2020 il tasso di persone a rischio di povertà o esclusione sociale era ancora al di sopra della media dell’Ue (24,9% contro il 21,6% nell’Ue)».
Anche per questo, la Commissione torna a sottolineare quali sono a suo avviso le lacune del reddito. Incentivare i giovani a rimanere sul divano come dicono i detrattori? No, anzi: «Le differenze regionali nel potere d’acquisto e la mancanza di contatto con i gruppi vulnerabili, compresi residenti non italiani e nuclei familiari più numerosi, potrebbero ridurre l’impatto del regime sulla riduzione della povertà». Secondo Bruxelles, quindi, andrebbe ampliata la platea dei percettori del reddito: i criteri previsti per percepire il sussidio, ad oggi, sono troppo stringenti nei confronti negli stranieri e penalizzano le famiglie numerose. Il governo Draghi aveva promesso all’Ue un intervento per modificare il requisito dei 10 anni di residenza in Italia, ma non è mai intervenuto. Più in generale, la Commissione avverte: «Il rafforzamento degli ammortizzatori sociali e dell’accesso ai servizi sociali in tutte le regioni è fondamentale affinché l’Italia raggiunga l’obiettivo principale dell’Ue per il 2030 sulla riduzione della povertà».
Sul reddito di cittadinanza il dibattito politico resta aperto. Definito da Giorgia Meloni «metadone di Stato», contrastato da Matteo Salvini e Matteo Renzi. Mentre per il segretario del Pd, Enrico Letta, più che abolire il sostegno «noi come il premier Draghi crediamo in un suo miglioramento», ha detto più volte. Secondo un sondaggio dell’analista dei dati Nando Pagnoncelli, riportato da il Corriere della Sera, sul Reddito di cittadinanza fra gli italiani prevalgono i giudizi negativi (53%) su quelli positivi (32%). La relativa impopolarità del provvedimento si è accentuata alla luce delle recenti inchieste che hanno messo in luce le sconcertanti vicende dei beneficiari abusivi dell’assegno.
Intanto, dal 15 giugno partirà una raccolta firme per abolire il Reddito di cittadinanza. A farsi promotore di questa iniziativa è il partito di Matteo Renzi, Italia Viva. «Vogliamo abolire il Reddito di cittadinanza e come previsto dalla legge dal 15 giugno partirà la raccolta ufficiale di firme, ma vogliamo soprattutto cambiare il mondo del lavoro per i più giovani», ha spiegato Renzi sui social.
Il leader di Italia viva torna alla carica contro il provvedimento-bandiera del M5s, considerato “strumento sbagliato” che “va riscritto tutto”, come afferma sui social anche il presidente di Iv, Ettore Rosato. «Siamo al paradosso che spendiamo un sacco di soldi ma ci sono poveri senza aiuto, disoccupati senza proposte di lavoro, aziende senza lavoratori, più lavoro nero. Ci vogliono più soldi per la lotta alla povertà risorse direttamente alle aziende che assumono, più soldi in busta paga a chi lavora».