Divisi si perde. Il centrodestra non ha fatto in tempo a certificare il flop ai ballottaggi, che i leader Salvini, Meloni e Berlusconi tornano a fare quello che è riuscito meglio negli ultimi mesi: litigare creando i presupposti per una possibile nuova disfatta elettorale nei prossimi due appuntamenti elettorali, quello in Sicilia in autunno e in Lombardia nel 2023. A pesare sono i risultati dei comuni andati al voto per il ballottaggio in cui il centrodestra diviso ha lasciato spazio all’affermazione dei candidati del campo opposto a Verona, Parma, Monza, Piacenza, Alessandria, Catanzaro. Più per incapacità di correre unito che per meriti propri del centrosinistra.
Certo bisogna considerare anche il primo turno che era stato positivo per il centrodestra. Ma a conti fatti i tre leader (Salvini, Berlusconi, Meloni) non possono essere del tutto soddisfatti. Al secondo turno Letta e compagni portano a casa risultati importanti come Verona, Parma, Piacenza, Monza e Catanzaro, strappandoli al centrodestra. Clamoroso il risultato di Catanzaro, da oltre sedici anni una roccaforte del centrodestra, centrodestra che evita il cappotto solo grazie a Lucca, Sesto San Giovanni, Gorizia e Frosinone. Persino a Como vince a sorpresa un candidato civico. La coalizione di centrodestra paga le divisioni interne, ne è la prova l’atteggiamento di Fratelli d’Italia che a Catanzaro, dove al primo turno correva da sola, ha favorito al ballottaggio la vittoria del candidato di centrosinistra, che è passato dal 31,71% del primo turno al 58,24% di ieri.
Il caso più eclatante è quello di Verona. Qui il centrodestra s’è presentato con due candidati, Sboarina e Tosi, conquistando al primo turno qualcosa come il 55% dei voti sommando le preferenze finite ai due candidati. Logica avrebbe voluto un apparentamento successivo tra l’ex leghista passato a Forza Italia e il candidato di FdI. Invece nulla. Sboarina ha rifiutato senza tanti complimenti il supporto di Tosi ed è andato al ballottaggio contro l’ex calciatore della Roma, Damiano Tommasi, convinto di potercela fare. Le divisioni però non pagano: Tommasi vince con il 53,4%, lasciando Sboarina al 46,6%.
Non è un caso dunque che, all’indomani di risultati non esaltanti, i leader del centrodestra richiamino all’unità. «Basta litigi, a partire della Sicilia, non possiamo rischiare di mettere a repentaglio il risultato delle politiche. Chiederò a Salvini e Berlusconi di vederci il prima possibile per evitare ulteriori divisioni«, dice Giorgia Meloni in un video su Facebook. Per la Meloni «occorre parlarsi subito per fermare le polemiche e ricordarsi che l’avversario è sempre la sinistra e mai il partito alleato». «Le divisioni hanno penalizzato il centrodestra e aumentato l’astensione, che serva a tutti di lezione», fanno sapere dalla Lega. «Quando litiga o si divide il centrodestra perde, quando parte unito e allarga il suo campo, come a Lucca, vince dopo anni di sinistra».
Il primo appuntamento chiave a livello elettorale per il centrodestra è la Sicilia, dove da settimane ormai è in corso una guerra interna alla coalizione: da una parte il governatore Nello Musumeci (FdI), dall’altra Gianfranco Miccichè, presidente dell’Ars, che ha invece rivendicato per Forza Italia la scelta del candidato alla presidenza della Regione, che dovrà essere “donna” e “palermitana”. L’altro appuntamento importante per il centrodestra riguarda la Lombardia, al voto nel 2023. Per Matteo Salvini c’è infatti da blindare la candidatura del presidente uscente Attilio Fontana, reduce dai successi in tribunale ma pressato dalla sua vicepresidente a Palazzo Lombardia. Infatti l’assessore al Welfare e vice del governatore Letizia Moratti ha annunciato ufficialmente la sua disponibilità alla candidatura. Quello di Moratti è un profilo che potrebbe spaccare nuovamente la coalizione e ottenere anche l’appoggio da un bacino elettorale diverso: nei giorni scorsi Carlo Calenda non aveva escluso un eventuale sostegno alla sua candidatura.
E poi ci sono le politiche del 2023, che probabilmente verranno spostate al confine del consentito, cioè tra maggio e giugno. Se la Lega continua a stare al governo con Pd e M5S, votando tutto quello che Draghi, Letta e ora Di Maio propongono, alle prossime elezioni il Carroccio potrebbe addirittura scendere sotto il 10%. Il Pd sta ottenendo buoni risultati non per merito suo, ma da un lato per la dissoluzione del M5s e dall’altro per un centrodestra diviso. E potrebbe andare così anche alle politiche se il centrodestra non fa una rapida inversione di rotta.