Forse per alleviare il calore di un’estate torrida ci vogliono buoni libri. Libri che sappiano parlare al cuore, che sappiano essere leggeri ma che ci aiutino anche a riflettere. Don Giovanni in Sicilia di Vitaliano Brancati credo sia uno di questi. È un romanzo breve che si adatta bene al nostro tempo, velato non solo dall’afa di un caldo anomalo ma anche da ombre oscure che ci impediscono di capire cosa accade intorno a noi.
Brancati scrive Don Giovanni in Sicilia nell’Italia fascista, e con uno stile magistrale, leggero, ironico, ci porta nella Catania degli anni ’40, offrendoci uno straordinario romanzo d’ambiente, dei costumi e della cultura del tempo. Protagonista del romanzo è un giovane siciliano, Giovanni Percolla, di origini borghesi, ossessionato come tutti i suoi coetanei dal culto per le donne. La sua esistenza scorre fra lavoro (lavora nel negozio dello zio) e avventure galanti. Conduce vita da scapolo, rientra a casa tardi la notte, e per le sorelle (tutte zitelle), con le quali vive, la sua esistenza è avvolta come da un alone mistero. Giovanni (come i suoi coetanei e gli abitanti della sua città) non si accorge di quanto accade intorno a lui; la sua esistenza è votata al disimpegno politico, al godimento puro della vita. Il culto della donna nasconde disinteresse sociale; è un male non solo dei catanesi ma degli italiani tutti, una forma di rimozione della realtà che lo scrittore denuncia in maniera indiretta e con grande lucidità. Per i catanesi come per gli italiani tutti, imprigionati nel culto della forma, non conta l’essenziale ma il superfluo; è in questo superfluo che si cela la loro acquiescenza verso la dittatura fascista, il loro rifiuto dell’impegno politico. Esempio lampante di questo atteggiamento è un fatto irrilevante che sconvolgerà invece la vita di Giovanni: Maria Antonietta dei Marchesi di Marconella lo aveva guardato (p.33):
[…] La signorina Maria Antonietta, dei marchesi di Marconella, lo aveva guardato!
Tutto qui? Diranno i nostri lettori.
Tutto qui! Ma non è poco, e spieghiamo perché. […]
Come spiegherà la voce narrante la storia più importante di Catania non è quella del costume o delle rivolte o dei commerci ma degli sguardi:
[…] Bisogna poi aggiungere che la storia più importante di Catania non è quella dei costumi, del commercio, degli edifici e delle rivolte, ma la storia degli sguardi. La vita della città è piena di avvenimenti, amicizie, risse, amori, insulti, solo negli sguardi che corrono fra uomini e donne; nel resto, è povera e noiosa. […]
Le donne ricevono gli sguardi, per lunghe ore, sulle palpebre abbassate, illuminandosi a poco a poco dell’albore sottile che formano, attorno a un viso, centinaia di occhi che vi mandino le loro scintille. Raramente li ricambiano. Ma quando levano la testa dall’attitudine reclinata, e gettano un lampo, tutta la vita di un uomo ha cambiato corso e natura. […]
Giovanni come tutta la sua generazione è stato educato in una cultura che ottunde e oscura la coscienza civile degli uomini; punto di svolta nella sua vita, anche se con inconsapevolezza, è sicuramente la scoperta dell’amore; da qui seguirà un cambiamento profondo, il rifiuto di un modello di comportamento che aveva caratterizzato la sua vita fino a quel momento, e soprattutto un matrimonio che lo porterà lontano dalla Sicilia, prima a Roma e poi a Milano, dove il protagonista è costretto ad adattarsi a un altro modo di vivere, a docce fredde, ed ad accogliere nella sua casa, secondo un codice di libertà che aveva concesso alla moglie, gli amici che lei di volta in volta invitava a casa. Anche qui Giovanni ha avventure galanti che non intaccano però la passione d’amore per la moglie, nei confronti della quale cerca di non ostentare sentimenti di gelosia.
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Giovanni si muove nel mondo del suo tempo con straordinaria capacità di adattamento; è parte di una società tutta impegnata a vivere e refrattaria a una coscienza più autentica e profonda della realtà. È il simbolo della media borghesia; non ha grandi qualità se non il suo fascino e la sua capacità di sedurre. È imprigionato nella sua quotidianità che gli diventa inaccettabile e insopportabile solo quando scopre l’amore per Ninetta; l’amore lo spinge a un cambiamento che non giunge mai a una conclusione definitiva se non quando con la moglie intraprende un viaggio di momentaneo ritorno in Sicilia e a Catania; è qui che egli capisce la profonda distanza emotiva e sentimentale che lo separa da lei, e forse è il vero punto di svolta del romanzo, non dichiarato esplicitamente, in cui il codice erotico non è più adatto a leggere la realtà e a rispondere alla serpeggiante e mai esplicitata inquietudine di Giovanni e di una generazione.
Non è un momento di ritorno al passato ma una rottura inaspettata e imprevedibile; è forse il primo e vero atto di maturità del protagonista, che per la prima volta compie una scelta e si rende conto dell’impossibilità di ingabbiare la vita in schemi e modelli predefiniti. Il suo è anche un atto di ribellione contro la realtà del suo tempo e forse un richiamo indiretto valido allora e ancora oggi alla consapevolezza civile.