Tra meno di una settimana le mascherine spariranno quasi ovunque. Anche gli ultimi obblighi, quelli di portare la protezione sui trasporti e negli ospedali, decadranno infatti il 30 settembre. Resteranno ancora necessarie, per un mese, nei luoghi di lavoro dove c’è un rischio di contatto stretto. Teoricamente il nuovo governo potrebbe prorogare di nuovo il termine, visto che siamo ufficialmente entrati in autunno, la stagione tanto temuta per una risalita dei contagi.
Basta Ffp2 su metro, bus, treni, così pure in ambulatori, ospedali, Rsa. Per andare a trovare pazienti e anziani rimarrà comunque la restrizione di esibire il green pass, o di fare in precedenza un tampone. Sugli aerei, il dispositivo di protezione facciale non era più richiesto dal 15 giugno, creando un’assurda disparità di trattamento per i viaggiatori che si devono indossarla in treno e poi volare, magari per ore, assieme ad altri passeggeri a volto scoperto. Con l’inizio del nuovo anno scolastico erano già decadute le norme che imponevano di indossare le mascherine agli alunni e ai professori. Alcune università, invece, hanno deciso autonomamente di rimettere l’obbligo.
Un mese dopo, il 31 ottobre, dovrebbero decadere pure i protocolli di sicurezza nel lavoro privato, che raccomandano ma di fatto impongono la mascherina al chiuso quando non è possibile mantenere la distanza di sicurezza. Le parti sociali, quando il 30 giugno avevano rinnovato gli accordi seguendo «la logica della precauzione», si sono date il termine del 31 ottobre per una verifica delle nuove disposizioni «alla luce dell’evoluzione normativa ed epidemiologica».
Sembrano disposti a lasciar perdere con i dispositivi di protezione, ma può bastare un allarme sulla crescita dei contagi nelle prossime settimane a far cambiare idea a sindacati e Confindustria, in assenza di nuove disposizioni ministeriali che dicano basta agli eccessivi allarmismi. Come quelli che continuano a circolare: da ultimo è stato il responsabile vaccini dell’Ema, Marco Cavaleri, ad alimentare nuovi timori. «Il virus sta mutando a velocità pazzesca e anche se Omicron 5 è ancora dominante, bisogna porre attenzione alle nuove varianti», ha detto a La Stampa.
Anche se le mascherine non saranno più obbligatorie per varcare la soglia delle strutture sanitarie, persiste però l’obbligo vaccinale per chi ci lavora. Solo il 31 dicembre cadrà questo diktat, che lascia a casa senza retribuzione medici, infermieri, Oss, tecnici di laboratorio, amministrativi e ogni altro operatore della sanità pubblica e pri#ata, non in regola con il ciclo vaccinale e (dal 15 dicembre 2021) con la successiva dose di richiamo, come avevano deciso il ministro della Salute, Roberto Speranza e il presidente del Consiglio, Mario Draghi, con ripetute proroghe del termine finale. Pure per i neolaureati in una disciplina sanitaria, l’adempimento dell’obbligo vaccinale è requisito ai fini dell’iscrizione all’Albo.
Il ministero della Salute, nella circolare aggiornata ieri sull’utilizzo dei vaccini a mRna bivalenti, li «raccomanda prioritariamente» come seconda dose di richiamo anche per gli operatori sanitari e delle strutture residenziali. Dottori e infermieri dovrebbero farsi pure la quarta dose. Eppure sono ormai una decina le questioni di legittimità costituzionale della legge che obbliga gli operatori sanitari a vaccinarsi, pena la sospensione dall’esercizio della professione, sollevate da giudici del lavoro ma anche dal Cga Sicilia, il Consiglio di giustizia amministrativa equivalente del Consiglio di Stato. L’obbligo di legge non garantisce che il lavoratore non contragga il virus, e quindi non infetti colleghi e pazienti, esclude il tampone come ragionevole alternativa e vìola la libera determinazione in merito al trattamento sanitario oltre a calpestare il diritto al lavoro. Auguriamoci che il nuovo esecutivo decida, tra i primissimi provvedimenti, di eliminare l’obbligo per quanti lavorano in ospedali, ambulatori ed Rsa, prima ancora che si esprima a riguardo la Corte costituzionale, con data fissata il 30 novembre per molte di queste ordinanze.