Il nome di Luigi Di Maio torna in lizza per un incarico prestigioso. Non in Italia, ma in Europa. Dopo la sconfitta alle elezioni e le dimissioni in tempo record da un partitello che aveva fondato, l’ex capo del Movimento Cinque Stelle potrebbe concludere la sua più grande piroetta: dopo aver difeso le Ong che chiamava “taxi del mare”, dopo essersi candidato col “Pd di Bibbiano”, dopo essere stato amico dei Gilet Gialli, adesso potrebbe essere riciclato da quell’Europa che per Beppe Grillo era un “club Med per trombati”. Secondo quanto riporta Repubblica, l’ex ministro degli Esteri è uno dei nomi più accreditati per ricoprire il ruolo di inviato speciale dell’Unione europea per la regione del Golfo Persico.
Sono quattro in nomi in lizza al momento. Oltre a quello dell’ex M5s ci sono anche l’ex ministro degli Esteri cipriota Markos Kiprianou, un ex capo della diplomazia slovacco e l’ex commissario europeo per le Migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos. Quest’ultimo è la figura più di spessore che può insidiare la nomina di Di Maio, dato che vanta già incarichi di rilievo a Bruxelles, ma secondo quanto si legge l’ex capo della Farnesina è ancora in vantaggio grazie anche all’endorsement di Mario Draghi che, nelle ultime settimane del suo governo, avrebbe dato il suo benestare incontrando i rappresentanti della Commissione.
La scorsa settimana si sono chiuse le audizioni di fronte a un panel di esperti incaricato di valutare i vari profili e nei prossimi giorni la proposta del gruppo sarà presentata a Borrell. Sarà sua la decisione finale sulla persona a cui affidare l’incarico. La questione non è arrivata sul tavolo del nuovo governo italiano che tecnicamente potrebbe anche non essere coinvolto. A meno che questa non venga presentata nel corso del prossimo Consiglio Ue Affari Esteri che si terrà lunedì e al quale, ovviamente, parteciperà anche Antonio Tajani. La scelta ovviamente spetta a Borrell, anche se certo magari Tajani potrebbe mettere una (cattiva) parola, almeno informale, per bloccare l’operazione. Vedremo.
Nelle valutazioni fatte dal panel, pesa il fatto che Di Maio fu protagonista di un duro scontro con Arabia Saudita ed Emirati Arabi quando era ministro del governo giallorosso. L’allora esecutivo Conte decise di bloccare la vendita di armi italiane a quei due Paesi. La reazione fu durissima, soprattutto da parte di Abu Dhabi che rispose con una sorta di embargo di tutti i prodotti italiani. L’allora ministro degli Esteri dovette spendere molto tempo e qualche visita nei due Paesi per recuperare i rapporti.
Ma dopo aver perso il posto in parlamento per colpa della scissione che avrebbe dovuto “salvare” Draghi, qualcosa Di Maio dovrà pur fare. Cosa c’è di meglio di un posticino europeo? Ma chissà se nei colloqui con la Commissione, l’ex ministro degli Esteri ha ricordato di aver lanciato nel 2014 il “firma day” per far uscire l’Italia dall’euro. Oppure di quando nel 2018 diceva che “tra sei mesi questa Europa è finita”. Si sbagliava, certo. L’Ue infatti c’è ancora, lui politicamente no. Ma Bruxelles è pronta a fornirgli una poltrona di salvataggio.