Se nel 2008 il Pd nasceva festeggiando la «nuova epoca» della globalizzazione, e proponendosi di modernizzare l’Italia per sfruttare al meglio le grandi potenzialità del mercato globale, 15 anni dopo sembra aver cambiato idea. Oggi l’obiettivo è mettere in salvare gli italiani dall’avanzata della destra: «Di fronte a questa destra l’unità è una scelta politicamente e moralmente obbligatoria. Significa porre le basi per costruire l’alternativa alla destra che oggi governa l’Italia, una destra erede dei tempi più bui della storia del Paese e che ha il progetto di spaccare l’Italia con l’Autonomia e stravolgere la Costituzione con il presidenzialismo. Dobbiamo farlo per Parlamento e nel Paese. È una destra insidiosa perché ha preso i voti dei ceti popolari, dei ceti più deboli, delle periferie», dice il segretario di Articolo1, Roberto Speranza.
L’assemblea del Pd ha dato il via libera al nuovo manifesto dei valori, scritto in queste settimane dal comitato dei 100 saggi guidato da Enrico Letta e Roberto Speranza. Un testo che alla fine è stato approvato dall’assemblea a larga maggioranza (450 sì, 18 contrari e 22 astenuti), salutato con entusiasmo da Enrico letta (che ha guidato con Roberto Speranza i 100 saggi del comitato che lo hanno scritto): «Un testo bello, moderno, che ha sciolto molti nodi con chiarezza, e deve diventare la base politica della nascita del nuovo Pd», le parole del segretario uscente.
L’Assemblea nazionale ha accolto il documento con le modifiche apportate nelle ultime ore da Enrico Letta e Roberto Speranza. Rispetto alla bozza circolata dopo l’ultima riunione del Comitato degli 85 saggi, qualche novità c’è. Ampliato il riferimento al controverso «cambio di paradigma», che ora coinvolge tutto il campo economico e sociale e non più soltanto quello della transizione ecologica. In politica estera, accanto alla collocazione atlantica, compare l’obiettivo della difesa comune in Ue. Sui diritti, le modifiche sono più approfondite: difendere la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e «colmare la lacuna normativa nel campo del fine vita, per garantire certezze e dignità a tutte le persone che si trovano in condizioni di sofferenza intollerabile». Poi, il paragrafo sull’uguaglianza di genere che si apre con una frase che mancava nella bozza: «Siamo e saremo un partito femminista». Nel capitolo economico, viene aggiunto una sottolineatura sulle imprese, «patrimonio essenziale del Paese», e sull’agricoltura.
Nel capitolo finale, su Costituzione e democrazia, viene esplicitato il secco no al presidenzialismo: «Contrastare la tendenza in corso a risolvere tramite formule di accentramento dei poteri la crisi del nostro sistema politico». Seguito da un ultimo aggiornamento sull’altra riforma in corso: autonomia sì, ma attraverso «un regionalismo cooperativo e solidale, evitando soluzioni che spingono ad ampliare i divari fra territori». Infine, per guardare al futuro, il richiamo a una parola del passato: la costruzione di «un grande partito di popolo».
A rientrare a casa, archiviando la scissione, è invece Articolo Uno, con i bersaniani che scelgono di aderire al nuovo percorso del Nazareno: «Stiamo costruendo insieme un nuovo Partito democratico che metta al centro il lavoro, la sanità e la lotta alle diseguaglianze», rivendica Roberto Speranza, leader di Articolo 1. «Parlo di temi concreti come la sanità di cui mi sono occupato molto: nei miei anni da ministro abbiamo speso oltre il 7% sul Pil, ora andiamo sotto, questo incide sulla vita delle persone». Una decisione non proprio banale considerando che parliamo dell’ex ministro della Salute, protagonista indiscusso della stagione delle chiusure indiscriminate e dei lockdown.