Sono giornate fredde d’inverno. Di cielo terso, di tramontana. Fra incombenze varie mi immergo nella prosa poetica e onirica di Salvatore Maiorana. Mi trasporta in un paesaggio mediterraneo, in un mondo radicato nella natura e nelle cose. Fra le sue parole scorgo la presenza della Sicilia, probabilmente della città di Palermo.

Con i protagonisti di questo romanzo mi muovo anch’io in uno spazio segnato da cupole di chiese arabo-normanne, dall’odore del gelsomino e della zagara, dalla presenza rituale, ossessiva del mare, da vicoli stretti, da case diroccate; dalle note di un vecchio grammofono che intona una musica napoletana, da donne che fanno le carte, da vicoli bui e malsani come quelli della casbah (p.23):
[…] La profezia si era avverata. La mamma di Elisa aveva fatto le carte, la donna dei tarocchi in quelle carte variopinte non era lei.
Attraversò i vicoli bui e malsani della casbah, un dedalo di viuzze e catapecchie cadenti e sbucò in una strada del centro che attraversava una piazza circolare. Da lì fece pochi passi ed entrò nella palazzina dall’architettura liberty. […]
Mi immergo nello spazio fisico di una città, di un paesaggio materialmente riconoscibile (palazzi di architettura liberty, chiese ortodosse, il pupo saraceno con ‘l’elsa della spada aperta e la punta rivolta verso terra’, campi di grano macchiati di sangue, chiese squarciate da bombe della Seconda guerra mondiale, trazzere, campi aridi, fichi d’india, alberi di cactus), simbolico e poetico allo stesso tempo.
Nella narrazione c’è un continuo passaggio dal piano reale a quello onirico. I personaggi, le situazioni in questo romanzo sono appena tratteggiati, sono lo sfondo su cui si incentrano le sensazioni, le riflessioni, una continua ricerca di senso. L’idea di fondo che tiene insieme il libro è che Dio non gioca (p.40) a dadi con l’universo ma tutti noi siamo parte di un tutto armonioso.
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Amore, bellezza ma anche morte sono i temi principali dei 13 capitoli brevi e drammatici, in cui il protagonista David, un reporter inviato a Beirut, è costretto per ragioni di lavoro a fare i conti con l’assurdità della guerra che gli appare per quella che è, cioè mai buona o cattiva, ma solo orrore (p.45). Il mondo in cui si muove è riflesso di altro, di qualcosa che indaga e cerca, e il mare, i marinai, le navi che partono, il porto brulicante di vita sono la cornice di sottofondo di qualcosa di sconosciuto e autentico che a tratti affiora, che lo induce a percepire la morte (p. 61) come generatrice di poesia e vita, una sorta di viaggio lineare della storia che innesca quello della coscienza. C’è nella vita dei protagonisti, o meglio del protagonista di questo libro, la ricerca dell’Eden perduto, di una luce smarrita che pur nella tragica realtà riaffiora e mostra una bellezza antica che sa ancora dare senso alla vita. È questa bellezza che innesca il racconto, intensi momenti poetici (p. 84), intrecci di storie (il teatro dei pupi pp. 87-88), partenze, l’abbandono dell’isola, l’intuizione che la morte generi una sorta di memoria-coscienza della materia (e non una vita dopo la morte) in una dimensione sconosciuta (p.93).
Sofferenza ma anche ricerca di senso anima David Saviane, il personaggio principale, che acquisisce la consapevolezza di muoversi in uno spazio invisibile (p.97) che condiziona la sua esistenza, e non in una precisa dimensione storica. Il dolore, però, per paradosso mette in moto la sua memoria, quella più profonda, ancestrale (p.110):
[…] Il vento aveva scoperchiato lo scrigno della memoria e aveva sparso i suoi ricordi nel bosco vicino tra le foglie verdi degli alberi, sulla terra umida e odorosa, tra le fragole selvagge che spuntavano tra i rovi e gli sterpi.[…]
È lì che gli appare il bosco di fragole. È un momento epifanico, non traducibile razionalmente. Può essere solo intuito. È ciò che però ogni uomo cerca. È ciò – e questa è la lezione più importante della narrativa di Maiorana- che ci induce a sperare nonostante il male. L’uomo, se vuole, può cogliere il proprio legame con le cose, e liberarsi dell’archetipo dell’ombra, perché è parte di un tutto armonico.