Se qualcuno ci aveva davvero creduto, sbagliava. L’alleanza tra i partiti di centro Azione e Italia Viva, che si faceva chiamare “Terzo Polo”, sembra essere finita. Il leader di Azione, Carlo Calenda, ha annunciato in un video che i due partiti non sono riusciti a trovare un accordo per fondersi. La rinuncia è arrivata dopo giorni di accuse e duri attacchi reciproci tra i due leader, Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Il progetto del partito unico con Italia Viva è naufragato per la semplice ragione che Renzi ha ripreso direttamente in mano IV due mesi fa e non vuole rinunciarvi. Legittimo anche se contrario alle promesse elettorali. Amen.
È stato un brutto spettacolo: attacchi personali, a… pic.twitter.com/MPQ9Yjd4lO— Carlo Calenda (@CarloCalenda) April 13, 2023
Il progetto del Terzo Polo era cominciato nell’estate del 2022, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche che si sarebbero tenute a settembre. Ma i recenti scontri hanno mostrato tutti i problemi di un’alleanza nata più per necessità che per convinzione e unità di intenti. Pur essendo quasi completamente sovrapponibili sul piano ideologico, Azione e Italia Viva si erano alleate soprattutto per ragioni legate al funzionamento della legge elettorale, dopo che a lungo avevano escluso la possibilità di farlo. Un altro elemento delicato era rappresentato dalla struttura dei due partiti, entrambi incentrati sul carisma e il consenso personale dei due fondatori Calenda e Renzi, due ego troppo ingombranti per poterli rinchiudere all’interno di un unico contenitore. Due leader che per formare un partito unico avrebbero dovuto necessariamente rinunciare a parte delle proprie leadership.
Negli ultimi giorni il divorzio politico tra Calenda e Matteo Renzi era apparso sempre più probabile. L’ultimo tentativo di lavorare a un accordo sul partito unico, poi fallito, è stato un’assemblea dei principali dirigenti di Azione e Italia Viva che si è tenuta mercoledì sera. Era stata chiamata “comitato politico del Terzo Polo” e aveva l’obiettivo di stabilire i tempi e i modi della fusione, ma di fatto non si sono nemmeno poste le basi per una discussione. A presiedere la riunione c’era Calenda, mentre Renzi non faceva parte del gruppo di lavoro.
L’incontro è avvenuto al culmine di una settimana di rapporti molto tesi fra i due partiti, che per giorni si erano scambiati sui giornali accuse di non voler concretizzare il progetto del partito unico. Le polemiche erano iniziate dopo che lunedì sera Azione aveva pubblicato la sua proposta, dicendo di averla inviata a Renzi e che quest’ultimo l’aveva respinta. Da quel momento è cominciata una serie di attacchi incrociati anche piuttosto duri, nella maggior parte dei casi diffusi attraverso i “retroscena” usciti sui giornali: cioè articoli che ricostruiscono un po’ liberamente umori, intenzioni e dichiarazioni dei politici che non sono state rese pubbliche.
I punti su cui i due partiti non sono riusciti a mettersi d’accordo sono diversi. Secondo quanto dichiarato da Calenda, il partito di Renzi ha confermato di voler deliberare il proprio scioglimento, a partire dal prossimo anno, solo dopo il congresso, e di voler continuare a fare politica attraverso Italia Viva almeno per tutto il 2024. A questo si sarebbe legato anche il fatto che Azione aveva chiesto a Italia Viva di rinunciare all’organizzazione dell’evento politico chiamato “Leopolda”, che Renzi organizza da anni a Firenze per rinsaldare il rapporto con i suoi sostenitori: un incontro pubblico che avrebbe messo al centro solo Italia Viva, e che per questo era fortemente contestato da Azione.
Da qui mancherebbe anche l’intenzione di assumere oneri economici per il nuovo partito, con un impegno finanziario che dovrebbe portare le risorse delle due entità politiche a sostenere le prossime campagne elettorali del Terzo Polo, principalmente le prossime elezioni europee previste per la primavera del 2024. Azione proponeva che entrambi i partiti contribuissero alle sue casse con il 70% dei soldi che avrebbero ricevuto in autunno dal “2 per mille”, il contributo che i cittadini possono versare volontariamente ai partiti attraverso le dichiarazioni dei redditi. Italia Viva temeva che in questo modo avrebbe avuto un esborso economico maggiore rispetto ad Azione, e aveva chiesto che tutte le spese da sostenere fossero divise a metà, come avvenuto finora.
Ma in fondo tutto questo conta poco. Come contano poco gli insulti reciproci: Renzi che dà del «pazzo» a Calenda («un pazzo che ha sbagliato pillole»); e Calenda che risponde denunciando il «nervosismo esagerato» di chi «ha provato a darci una fregatura ed è stato rispedito al mittente». Accuse reciproche e stracci che volano dunque, come nelle migliori sceneggiature della commedia all’italiana.
Una commedia a cui i due partiti ci hanno abituato da tempo, fatta di proclami, di autocompiacimento politico, di tentativi di portare avanti i propri interessi spacciando per clamorosi successi elettorali percentuali microscopiche. Non è tuttavia da escludere il ritorno di fiamma, dato che comunque gli interessi in gioco rimangono molti. Italia viva e Azione hanno un manipolo di trenta deputati e senatori, e l’unione è l’unica possibilità di sopravvivenza politica-
Gli stessi motivi di opportunismo politico per cui era iniziata l’alleanza rendono poco chiaro cosa succederà ora: a maggio ci saranno le elezioni amministrative per rinnovare i sindaci in 13 capoluoghi di provincia e non si sa se i due partiti continueranno a sostenere gli stessi candidati. A Siena e a Massa avevano già deciso di correre separatamente, a dimostrazione del difficile coordinamento fra le due organizzazioni. I problemi più grossi però riguarderanno il parlamento: nessuno dei due partiti da solo ha abbastanza deputati e senatori per formare gruppi parlamentari indipendenti alla Camera e al Senato. Se dovessero dividersi anche in parlamento, allo stato attuale i membri di Azione e Italia Viva confluirebbero nel Gruppo Misto, perdendo gran parte dei loro fondi e della loro rilevanza.