In autunno comincerà la nuova campagna vaccinale contro il Covid, la prima post-emergenza e senza obblighi. Ma il vaccino continua ad essere raccomandato anche per le donne in gravidanza, non curante delle giganti lacune nella sperimentazione. Pfizer ha ammesso di aver condotto i trial solo sulle donne prossime al parto: impossibile così valutare eventuali controindicazioni del farmaco sui feti nei primi mesi di gestazione.
Grazie alle informazioni pubblicate circa un mese fa sul portale statunitense di studi clinici clinicaltrials.gov si è accertato che il colosso farmaceutico non ha condotto alcuna sperimentazione nei primi 3 mesi di gravidanza. Inchiodata da queste informazioni, Pfizer ha dovuto ammettere questa circostanza. Non poter valutare le eventuali controindicazioni del farmaco sui feti nei primi mesi di gestazione è di per se già estremamente allarmante perché proprio nei primi tre mesi nel ventre materno si forma il feto nelle sue caratteristiche principali.
È ormai noto che Pfizer abbia condotto i suoi test sul siero a mRna in maniera lacunosa. Delle 4000 donne incinte che dovevano partecipare alla sperimentazione, ne vennero “arruolate” da Pfizer solamente 348. Meno del 10%. Se la pochezza del campione non fosse sufficiente a sollevare dubbi sulla sperimentazione, si può aggiungere che gli studi furono interrotti, con l’assenso degli enti regolatori di Stati Uniti e Europa, Fda e Ema, dopo solo 18 mesi. Il motivo è legato alla scarsità del campione ed al fatto che il gruppo di controllo a cui era stato somministrato il placebo era stato nel contempo svelato e la “vaccinazione” nel frattempo raccomandata. Quando in una sperimentazione si svela al gruppo di controllo trattato con un placebo (una sostanza salina innocua diversa dal farmaco analizzato) si compromette tutta la sperimentazione, non avendo più attendibilità il raffronto tra i due gruppi (quello dei somministrati col farmaco e quello col placebo).
Nel mondo scientifico ci sono parecchie perplessità sul continuare a vaccinare le donne in gravidanza. Come riporta un articolo de La Verità, l’esperto di analisi, gestione dei rischi, sistemi sanitari e alimentari, Retsef Levi, professore presso la Sloan School of management del MIT (Massachusetts Institute of Technology) afferma che: «Non abbiamo idea dell’impatto che questo vaccino avrà sulle prime fasi di sviluppo di un embrione o di un feto. Il primo trimestre è particolarmente vulnerabile con esiti avversi sulla salute riproduttiva».
Ed è ancor più allarmante pensa che che sia Food and drug administration americana che l’Agenzia europea del farmaco non abbiano adeguatamente stigmatizzato o censurato l’operato di Pfizer e attuato un principio di precauzione escludendo, invece che raccomandare, la somministrazione di questi farmaci alle donne in gravidanza o post parto. Le agenzie regolatorie degli Usa e dell’Ue, non solo non hanno aspettato l’esito della sperimentazione clinica per lanciare, già nel 2021, una massiva campagna di persuasione su ginecologi e gestanti, ma ancora oggi si ostinano a minimizzare i rischi e i problemi di sicurezza di questi sieri a mRna nelle donne in gravidanza. E il nostro ministero della Salute continua a raccomandarlo come se tutto fosse sotto controllo.