Ci siamo mai chiesti perché è pari a 9 euro l’importo del salario minimo legale che, secondo la proposta di legge presentata alla Camera da tutte le opposizioni, sarebbe determinante nella tutela del lavoro? Il salario minimo è un livello retributivo al di sotto del quale non si può andare. In realtà nel nostro Paese un livello salariale minimo esiste già, anzi, ce n’è più di uno. Parliamo dei livelli retributivi minimi definiti dai contratti nazionali per ciascuna categoria: industria, commercio, turismo.
Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro il potere d’acquisto dei salari medi è sempre diminuito in Italia dal 2008. La tendenza si è accentuata negli ultimi anni con l’aumento dell’inflazione. Se prendiamo il primo trimestre 2023, rispetto a un anno prima le retribuzioni reali (quindi parametrate ai prezzi) sono diminuite in media del 7,5%. L’Italia è il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie dell’Ocse. Negli ultimi 20 anni si sono moltiplicati sia i sindacati che le associazioni delle imprese. Il risultato è che oggi i contratti sono più di mille. Tutto questo è possibile perché nel nostro Paese l’articolo 39 della Costituzione non è mai stato attuato. L’articolo 39 dice che i sindacati «registrati», «rappresentati unitariamente in proporzione ai loro iscritti», possono stipulare contratti che valgono per un’intera categoria.
La concorrenza tra organizzazioni favorisce i contratti al ribasso. Ognuno applica il contratto che gli pare, indipendentemente dal livello di rappresentatività di chi ha firmato. Gli stessi accordi firmati dalle associazioni più grandi spesso hanno garantito aumenti risicati. Oppure sono stati rinnovati oltre la scadenza. Nel settore della vigilanza il contratto firmato da Cgil, Cisl e Uil con le associazioni della cooperazione garantisce 5,75 euro l’ora. Tutto questo ha fatto sì che il salario contrattato sia sempre più spesso considerato inadeguato. Da qui l’idea di fissare un salario minimo per legge. Nell’Europa a 27 ce l’hanno 22 Paesi, solo 5 ne hanno fatto finora a meno. Oltre all’Italia: Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia. Una nuova direttiva europea dispone che i Paesi dove la contrattazione copre meno dell’80% dei dipendenti debbano avere un salario minimo. Ma da noi la contrattazione va ben oltre questa soglia. Da notare infine che contrattazione e salario minimo in molti contesti convivono. Accade per esempio in Germania, dove il salario minimo è stato introdotto dal 2015.
L’Unione Europea indica come soglia più adatta il 60% del salario mediano: da noi sarebbero 7,5 euro lordi l’ora. Ma un disegno di legge condiviso dalle opposizioni (esclusa solo Italia Viva di Matteo Renzi) lo fissa a 9 euro lordi l’ora. Come si è arrivati a questa cifra? Un tentativo di spiegazione è venuto da Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Partito democratico in occasione di un’intervista al QN. La cifra, ha assicurato, «non è per nulla magica, ma frutto di un calcolo economico preciso, che parte dai parametri europei. Il riferimento è al 50% della media dei salari comunitari, e tiene conto però del fatto che molti dei contratti a cui ci rifacciamo oggi sono scaduti e quindi non adeguati a un periodo, quello attuale, in cui l’inflazione ha eroso il 7% del valore reale dei compensi. A questo si aggiunge il dato Istat, secondo il quale i salari, senza il sovrapprezzo dei prodotti energetici, attualmente sarebbe superiore del 16,2%. Ponderati tutti questi valori, si arriva a una cifra di media, 9 euro lordi, che tenga conto di tutto ciò».
La verità è che l’importo di 9 euro lordi era quello previsto all’inizio della passata legislatura dal disegno di legge di cui al Senato era relatrice Nunzia Catalfo, allora presidente della Commissione Lavoro. La soglia del salario minimo è stata presa da quel disegno di legge, senza alcun riferimento al contesto macroeconomico, allora molto diverso dall’attuale e immune dalle disgrazie poi piovute sul Paese: la pandemia, la guerra, la crisi energetica e l’inflazione.
In Italia, secondo l’Ocse, 9 euro sarebbero pari al 75% del salario mediano (al 90% nel Sud). Altri istituti arrivano a quote percentuali ancora più elevate. Di conseguenza, come ha calcolato Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, il 60% della retribuzione lorda oraria mediana in Italia è pari 7,02 euro, mentre il 50% della retribuzione lorda oraria media a 7,23 euro.