L’Iran ha aiutato Hamas a preparare l’attacco? Una delle questioni più notevoli dell’attacco senza precedenti compiuto dal gruppo radicale palestinese contro Israele riguarda la possibilità di aver ricevuto aiuti esterni. L’ipotesi che circola maggiormente è che Hamas sia stata aiutata dall’Iran, un suo storico alleato che avrebbe i mezzi e la motivazione per contribuire a un’azione militare contro Israele. Un eventuale coinvolgimento dell’Iran nella guerra tra Hamas e Israele potrebbe provocare grosse conseguenze, con un’enorme estensione del conflitto. Ma al momento, anche se l’Iran ha elogiato l’attacco di Hamas, ha negato il suo coinvolgimento: «Noi appoggiamo orgogliosamente e incrollabilmente la Palestina. Ma non siamo coinvolti nella risposta di Hamas, che è stata condotta solo dai palestinesi».
«L’azione della Resistenza palestinese è stata una difesa pienamente legittima contro i crimini e le usurpazione dell’illegittimo regime sionista», ha aggiunto l’Iran nel comunicato. Intanto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha lanciato un appello ai paesi musulmani affinché agiscano per «difendere il popolo palestinese e la moschea di al-Aqsa». L’obiettivo principale di Teheran è quello di destabilizzare l’area impedendo la normalizzazione con Israele, suo acerrimo nemico. Inoltre, l’attacco a Israele, con l’incursione di centinaia di miliziani nei territori del sud, via mare e perfino via aria, richiede mesi di preparazione e addestramento, una coordinazione logistica importante e una grande quantità di armi e mezzi. Secondo vari esperti questo tipo di attacco sarebbe difficile per Hamas da organizzare con le proprie forze, e per questo molti sostengono che il gruppo potrebbe aver ricevuto aiuti dall’esterno, in particolar modo dall’Iran.
Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo in cui descrive come, negli ultimi mesi, i dirigenti di Hamas e degli altri gruppi armati che operano nella Striscia di Gaza, come il Jihad Islamico, si siano incontrati più volte con funzionari delle Guardie Rivoluzionarie, il gruppo militare più potente dell’Iran e il più fedele alla Guida Suprema, la massima autorità politica e religiosa del paese. Questi incontri sarebbero avvenuti a Beirut, in Libano, e si sarebbero intensificati partire da agosto, quando palestinesi e iraniani avrebbero cominciato a vedersi almeno una volta ogni due settimane. A un paio di questi incontri avrebbe partecipato anche il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian. L’ultimo di questi incontri in Libano, scrive sempre il Wall Street Journal, sarebbe avvenuto lunedì 2 ottobre, sei giorni prima dell’inizio dell’attacco, e sarebbe stato il momento in cui le autorità iraniane «hanno dato il via libera per l’assalto».
Questa ricostruzione del Wall Street Journal, che si basa sulle dichiarazioni anonime di fonti sia iraniane sia palestinesi, deve essere presa con una certa cautela. Anzitutto perché il fatto che ci siano stati incontri tra i membri delle Guardie Rivoluzionarie e dei gruppi radicali palestinesi non è una grossa novità: come ha detto l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Gilad Erdan sempre al Wall Street Journal: «Sappiamo che ci sono stati incontri in Siria e in Libano con altri leader degli eserciti terroristici che circondano Israele». In secondo luogo, serviranno maggiori informazioni per comprendere se, oltre a un generico ruolo di sostegno e di coordinamento, l’Iran abbia avuto un ruolo operativo nell’attacco, per esempio nel rifornimento di armi.
Un portavoce di Hamas ha confermato che il gruppo ha ricevuto il «sostegno» dell’Iran e di altri, senza specificare modi e tempi. L’esercito israeliano ha detto che al momento non ci sono prove che indichino un coinvolgimento diretto dell’Iran nell’attacco. Anche Antony Blinken, il segretario di Stato americano, ha detto: «Non abbiamo ancora visto prove che l’Iran abbia diretto o fosse dietro a questo attacco in particolare, anche se ovviamente c’è una lunga relazione con Hamas». Anche se l’idea di portare la guerra sul territorio di Israele è sostenuta da tempo proprio da politici e ufficiali militari iraniani. Un’idea peraltro espressa in maniera piuttosto aperta, tanto che l’anno scorso sul sito ufficiale della Guida Suprema, Ali Khamenei, il capo delle Guardie Rivoluzionarie aveva pubblicato un articolo in cui scriveva: «I palestinesi sono pronti per una guerra via terra. La più grande debolezza di Israele è una guerra via terra. Combattere con il lancio di missili non è il principale obiettivo della lotta. Deve essere inviata una forza di terra, che liberi il territorio passo dopo passo».