Un Mes a 19, senza l’Italia. Ma con tutti gli altri Stati che condividono l’euro. Il rischio più grande che il nostro Paese corre dopo il no in Parlamento alla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, è proprio questo. Ossia che il Fondo salva Stati sopravviva escludendoci.
Il clima che si respira a Bruxelles all’indomani dello strappo è fatto dunque di sorpresa, disappunto, ma anche voglia di andare oltre per superare l’impasse. Il completamento dell’Unione bancaria è a rischio, è il monito comune del direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, e del presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, con il paracadute per le crisi bancarie previsto nella nuova versione del Mes che, senza il sì dell’Italia, non potrà più essere azionato il 1° gennaio come invece concordato da tutti i leader nel pieno della crisi del Covid. Gramegna ha chiarito che senza la ratifica di tutti i Paesi membri, «il Mes non sarà in grado di fornire il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico dell’Unione bancaria, di cui beneficerebbero tutti i Paesi dell’area euro».
La prima posizione dell’Unione europea in risposta al blocco italiano alla ratifica del Mes è che il testo del nuovo trattato del Meccanismo europeo di Stabilità non verrà cambiato. Primo perché, nel braccio di ferro con l’Italia, questa strategia sarebbe letta come una forma di debolezza da parte degli altri Paesi europei, poi perché non sarebbe un messaggio positivo nei confronti di chi quella riforma l’ha ratificata, e infine perché riaprire i negoziati e procedere in seconda battuta a venti ratifiche, sarebbe un’operazione complessa e dai tempi lunghi.
La speranza è dunque che tra qualche mese il Parlamento italiano cambi idea. «Continuerò il mio dialogo al riguardo con le autorità italiane nei prossimi mesi», ha assicurato il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe.
Accanto a questa linea, ce ne sarebbe un’altra, sostanzialmente diversa: dopo la chiusura da parte dell’Italia, conviene ragionare su un Salva Stati con chi ci sta, ossia a 19 paesi (quelli dell’area euro, meno l’Italia). Ma questa strada implica la necessità per restituire all’Italia le risorse che ha già versato. Allo stato attuale è solo un’ipotesi.