Il disegno di legge sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è legge. La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il provvedimento voluto dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli (Lega) che definisce le modalità con cui le regioni potranno chiedere e ottenere di gestire in proprio alcune delle materie su cui al momento la competenza è dello Stato centrale. Il provvedimento è stato approvato con 172 voti favorevoli, della maggioranza di governo, e 99 voti contrari e 1 astenuto, delle opposizioni. Il disegno di legge era già stato approvato a gennaio dal Senato.
L’autonomia differenziata non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una regione a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. Insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.
Il ddl sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge puramente procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001. In 11 articoli definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento.
L’approvazione della legge non determina l’effettivo trasferimento di competenze alle regioni. Il provvedimento si limita infatti a indicare un percorso e delle regole che le regioni dovranno seguire nel negoziare col governo e col parlamento l’attribuzione di poteri e prerogative. L’avvio di queste procedure è subordinato alla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), cioè i servizi minimi che lo Stato deve garantire in ogni parte del suo territorio su settori fondamentali: la definizione dei Lep e il loro finanziamento servono a prevenire il rischio che l’autonomia cristallizzi o persino aumenti le divergenze territoriali tra le regioni più ricche e quelle più povere.
Il Governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.
La Costituzione, con gli articoli 116 e 117 riscritti dal governo Amato e approvati nel referendum del 2001, ha previsto le 23 materie concorrenti che possono essere cedute alle 15 Regioni ordinarie con l’autonomia differenziata. La riforma Calderoli prevede i Lep obbligatori su 15 materie, affidati alla Commissione tecnica dei fabbisogni standard che li dovrà definire nell’arco di due anni. Le materie in questione sono: giustizia di pace, che però resterà allo Stato; norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e innovazione; salute; alimentazione; l’ordinamento sportivo; il governo del territorio; i porti e gli aeroporti civili; le grandi reti di trasporto e di navigazione; l’ordinamento della comunicazione; la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.
Le 8 materie che non prevedono i Lep possono essere trasferite in tempi molto rapidi alle Regioni che ne faranno richiesta. Si tratta dei rapporti internazionali e con la Ue delle Regioni; del commercio con l’estero; le professioni; la protezione civile; la previdenza complementare e integrativa; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; le casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario.
L’undicesimo articolo, inserito in commissione, oltre a estendere la legge anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome, reca la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo. L’esecutivo dunque può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica. In particolare si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.