Dopo settimane di tentennamenti, l’Ue si è schierata contro la proposta di dodici Paesi di costruire muri e barriere ai confini europei per evitare l’ingresso di migranti irregolari. «Non ci sarà alcuno stanziamento per filo spinato e muri», ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al termine del vertice dei leader Ue a Bruxelles. Con l’idea di innalzare barriere fisiche coi fondi Ue «in tanti non sono d’accordo, compresi noi», ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Draghi dopo l’incontro. Non ci saranno nuove barriere anti-migranti realizzate con fondi europei, ma nonostante questo l’Europa sta entrando in una nuova epoca dei muri.
L’ha inaugurata l’ungherese Viktor Orbán che, nel mezzo della crisi migratoria del 2015, ha deciso la costruzione di una recinzione al confine tra l’Ungheria e la Serbia per impedire ai profughi – nella maggior parte dei casi siriani e afgani che percorrevano la rotta balcanica – di entrare nel paese per raggiungere altri paesi dell’Unione europea.
Era sembrato un brusco ritorno al passato, a un’Europa di divisioni che si pensava superata dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. In effetti la decisione di Orbán ha segnato un passaggio irreversibile: da quel momento il blocco dei paesi dell’Europa orientale, il cosiddetto gruppo di Visegrád (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia) si è opposto in maniera compatta alla riforma del sistema di asilo europeo (il sistema Dublino) e ha imposto un approccio nazionalista alla gestione dei flussi migratori.
Da sei che erano nel 1989, oggi le barriere fisiche sono diventate 63. A rivelarlo sono i dati pubblicati nel novembre 2020 in uno studio realizzato dal think tank olandese Transnational Institute, il Centre Dela’s d’Estudis per la Pau di Barcellona e il gruppo tedesco Stop Wapenhandel. Dopo la caduta del muro di Berlino, la costruzione di barriere è aumentata: e se quel muro aveva lo scopo di impedire la fuga a chi abitava nel blocco orientale, i muri di oggi servono per impedire ad altri di entrare. Quando nel 2015 si è scatenata la crisi migratoria in Europa, sono state erette barriere anche all’interno dell’area Schengen e sono stati creati 1.000 chilometri di muri.
In Ungheria, il muro costruito nel 2015 da Viktor Orban al confine tra Ungheria e Serbia si estende per 175 chilometri e ha un filo spinato alto quattro metri. Il muro ungherese ha ispirato Slovenia, Austria, e Macedonia, che hanno fatto lo stesso ai loro confini. Anche la Bulgaria ha innalzato quasi 176 chilometri di recinzione di filo spinato lungo il confine con la Turchia. Anche nelle piccole enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, in Marocco, ci sono muri di filo spinato
L’Estonia ha 110 chilometri di barriera hi-tech lungo il confine con la Federazione russa. 90 chilometri è lungo il spinato in costruzione alle frontiere in Lettonia. Infine la Lituania, ha una barriera alta 2 metri che corre lungo 50 dei 130 chilometri di frontiera con l’enclave russa di Kaliningrad.
Anche la Grecia ha completato la costruzione di una barriera di 40 km alla frontiera con la Turchia, con un nuovo sistema di sorveglianza: le forze di sicurezza greche sono state messe in allerta per impedire il ripetersi della crisi migratoria del 2015, quando quasi un milione di persone, principalmente dal Medio Oriente, varcarono il confine con la Turchia.
La Turchia ha quasi terminato la costruzione di un muro lungo il confine con l’Iran: un muro che, come quello lungo il confine siriano e iracheno, è stato costruito principalmente per prevenire l’arrivo di migranti clandestini e la cui costruzione – più moduli, per una struttura lunga 295 chilometri, dotata di sensori a infrarossi – ha avuto un’accelerazione nelle ultime settimane sul versante iraniano, unica parte non completata, dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan.