Archiviata la partita Quirinale, si apre la saga delle prossime elezioni. Una delle conseguenze delle trattative per la rielezione del presidente della Repubblica, oltre alle tensioni emerse all’interno di partiti e coalizioni, è stata quella di avere riportato al centro del dibattito la necessità di cambiare l’attuale legge elettorale, giudicata da quasi tutti i partiti poco funzionale. Per i segretario del Pd, Enrico Letta, «Va eliminato il Rosatellum», l’attuale legge elettorale con correzione maggioritaria varata nel 2017 che premia le coalizioni e le aggregazioni di partiti (poi in difficoltà ad accordarsi e a governare insieme). Ma Salvini e Meloni frenano.
La legge elettorale in vigore fu approvata nel 2017 e soprannominata immediatamente Rosatellum, dal nome del suo principale promotore Ettore Rosato, che ai tempi faceva parte del Partito Democratico (oggi aderisce a Italia Viva di Matteo Renzi). Il Rosatellum prevede un sistema misto: circa un terzo dei seggi tra Camera e Senato viene eletto in collegi uninominali, e quindi con un sistema maggioritario; i restanti due terzi sono scelti con un sistema proporzionale, che cioè ripartisce i posti in Parlamento tra i partiti rispettando fedelmente i risultati percentuali che hanno ottenuto alle elezioni. Alla natura mista del Rosatellum viene attribuita da molti la responsabilità di avere eletto un Parlamento frammentato e in cui è difficile formare una maggioranza (si vedano i governi giallo-verde e giallo-rosso).
Dal 1993 ad oggi il nostro Parlamento ha sfornato ben quattro leggi elettorali, un caso unico nei Paesi occidentali. Sono tutte leggi elettorali frutto di compromessi, una più complicata dell’altra, incomprensibili anche alla stragrande maggioranza dei deputati e senatori che le hanno votate. E adesso in vista delle politiche del 2023 si pensa a una nuova legge elettorale. Ma non c’è grande accordo su come cambiare il Rosatellum: alcuni partiti vorrebbero modificare la legge elettorale accentuandone il carattere proporzionale, altri, invece, vorrebbero trasformarla in un sistema maggioritario quasi puro.
Tra chi vorrebbe una legge elettorale basata sul sistema maggioritario ci sono Lega e Fratelli d’Italia. Il principio del sistema è che il partito o il candidato che prende più voti in un territorio ottenga la rappresentanza, mentre gli altri partiti no. È un sistema che premia quindi i grandi partiti o quelli particolarmente radicati in alcune aree, penalizzando fortemente tutti gli altri. «Noi siamo per il maggioritario», ha rilanciato Tajani, anche se un’ala moderata del partito punta a sottrarsi e a respingere le pressioni che arriveranno dalla Lega. «Non è detto che il proporzionale garantisca la stabilità, dipende dalla volontà delle forze politiche», ha spiegato il coordinatore azzurro.
Diversi altri partiti si stanno allineando per riformare il Rosatellum in senso opposto, cioè proporzionale, un sistema che in pratica consente di fare campagna elettorale senza convivere con alleati ingombranti. Inoltre garantiscono una migliore rappresentanza sia a partiti che ottengono buoni consensi un po’ ovunque ma non hanno particolari “roccaforti”, sia ai partiti più piccoli, come il cartello di centro che potrebbe nascere fra Italia Viva, Azione, +Europa e forse pezzi di Forza Italia. Spesso, con il proporzionale, i partiti più piccoli diventano determinanti nella formazione delle maggioranze, ottenendo in questo modo un notevole potere contrattuale. Anche chi sta fuori dal Parlamento e ambisce a formare nuovi partiti preferisce il proporzionale, che facilita l’accesso in Parlamento.