Lo skyline di Parigi non è più lo stesso. La flèche, la guglia che svettava sull’Île de la Cité, non c’è più. Distrutta dall’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre Dame lunedì scorso. Una ferita nel cuore dei parigini, dei francesi e degli europei tutti, certo, ma una ferita che può e deve essere risanata in fretta. Lo dicono le autorità francesi, a partire dal presidente Emmanuel Macron, che pronostica (forse con un po’ troppo ottimismo) un restauro lampo in 5 anni, fino al primo ministro Édouard Philippe, che annuncia un imminente concorso internazionale per architetti per la ricostruzione della guglia.
La presenza di un elemento che dal tetto di Notre Dame si slanciasse verso l’alto nel cielo di Parigi, in pieno stile gotico, è attestata sin dal 1250. La guglia originaria, che aveva la funzione di terzo campanile della cattedrale, venne demolita tra il 1786 e il 1792 per poi essere di nuovo innalzata a partire dal 1860, sul progetto di Eugène Viollet-le-Duc che si ispirò alla freccia della cattedrale di Orleans. Adesso dovrà essere innalzata per la terza volta. Ricostruirla “com’era, dov’era” o cogliere l’occasione per reinterpretare l’architettura in chiave moderna?
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Jean-Michel Wilmotte, architetto francese che ha appena disegnato una cattedrale russortodossa a Parigi, intervistato dalla radio Franceinfo, ha affermato che ricostruire un’«imitazione» della guglia – che era stata aggiunta alla cattedrale nel diciannovesimo secolo – sarebbe «grottesco». Wilmotte ha detto che parteciperà al bando per ricostruire la cattedrale e che proporrà l’utilizzo di materiali moderni, come l’acciaio e il titanio, invece di quelli «vecchi e pesanti», come il legno e il piombo.
Macron ha detto di non essere contrario a sostituire la guglia con un «progetto architetturale moderno». Da destra però non sono mancate le reazioni ostili alla proposta di rivisitare Notre Dame in chiave contemporanea. Marine le Pen, leader del partito di destra Ressemblement National, ha twittato: #NonToccateNotreDame. Antichi contro moderni. Conservatori contro innovatori. Franck Riester, il ministro della Cultura, ha detto che anche se Macron mostra una posizione di ascolto e accoglie il dibattito, sarà l’esecutivo ad avere l’ultima parola sulla ricostruzione della cattedrale. «Non dobbiamo imporci in modo dogmatico di ridisegnare la cattedrale uguale a com’era», ha affermato durante un’intervista con il New York Times, «ma non decideremo nemmeno di fare qualcosa di moderno solo per il piacere di farlo».