Le minacce sono diventate realtà: l’Iran produrrà uranio arricchito oltre il limite del 3,67% previsto dall’accordo sul nucleare del 2015. L’annuncio, fatto dal capo dei negoziatori iraniani sulle questioni nucleari, Abbas Araghchi, arriva allo scadere dell’ultimatum di 60 giorni dato ai Paesi dell’Unione europea perché varassero misure efficaci per allentare la stretta sul commercio provocata dalle sanzioni statunitensi.
Per quattro anni, dal luglio 2015 a oggi, il cammino dell’Iran verso la bomba atomica era stato «congelato» dall’accordo raggiunto con gli Stati Uniti e con gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, più la Germania. L’Iran aveva promesso di non arricchire l’uranio oltre il 3,67%, livello sufficiente per usi civili, né di conservarne più di 300 chilogrammi, in cambio della rimozione delle sanzioni internazionali. Ma, oltre un anno dopo che Donald Trump ha abbandonato il patto moltiplicando le sanzioni con grave danno all’economia iraniana, Teheran ha deciso di venir meno a questi due impegni.
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Già il primo luglio le scorte di uranio a basso arricchimento hanno superato i 300 chilogrammi. E da oggi l’Iran comincerà a produrre uranio arricchito al 5%. Si tratta comunque di un livello di arricchimento dell’uranio lontano da quello necessario per produrre una bomba atomica, per cui serve uranio arricchito al 90%. Entrambe le notizie vanno interpretate nell’ambito delle trattative che sono in corso tra l’Iran e l’Unione Europea affinché vengano implementate le misure che permettano all’Iran di continuare a commerciare con i grandi paesi occidentali aggirando le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti. L’Iran concede altri 60 giorni all’Ue per trovare delle soluzioni per aggirare le sanzioni.