I riflettori sono tutti puntati sul premier Giuseppe Conte che alle 15 in Senato terrà le sue comunicazioni, come deciso dall’aula di Palazzo Madama la scorsa settimana con i voti di Pd, M5S e Autonomie. Dopo le dichiarazioni di Conte, la crisi potrà prendere strade diverse a seconda di ciò che il premier deciderà di fare. Al momento, l’ipotesi più probabile è che annunci le sue dimissioni al capo dello Stato e salga direttamente al Colle. C’è anche la possibilità che i partiti presentino delle risoluzioni in aula. Il M5s ha già dichiarato che, a Palazzo Madama, sosterrà il Presidente del Consiglio. Ma risoluzioni a favore o contro il Governo potrebbero arrivare anche da altre forze politiche. Al momento rimane in essere la mozione di sfiducia al premier Conte presentata dalla Lega.
Gli scenari che potrebbero aprirsi dopo le comunicazioni del premier in Senato sono diversi. Se all’inizio le elezioni anticipate ad ottobre sembravano essere quasi scontate, adesso però il sentore è che possa uscire fuori un nuovo governo sostenuto da nuove o vecchie maggioranze. Potrebbe rinascere l’alleanza gialloverde o vedere la luce un nuovo asse giallorosso tra Partito Democratico e il Movimento 5 stelle.
Se a maggio 2018 il “forno” aperto da Luigi Di Maio verso il PD ha ricevuto il no di Matteo Renzi, ora è l’ex premier che per una questione di «responsabilità» si è detto pronto a dialogare. La proposta di Renzi di unire le forze per «un governo istituzionale» è diversa rispetto a ciò di cui si discute ora, ma è stato lui a rompere il ghiaccio. A ruota, diversi esponenti del partito, da Bettini a Delrio, hanno ipotizzato un governo politico Pd-M5s che potesse durare anche tutta la legislatura. Zingaretti è rimasto prudente, ma un’ulteriore spinta a questa soluzione è arrivata sia da Prodi, che ha lanciato l’idea della «coalizione Ursula», sia dall’ex premier Letta. Rispetto al Pd, i Cinquestelle sono rimasti più silenziosi, ma quando Grillo ha reso pubblico il suo no alle urne, il Movimento ha iniziato a trattare sul nuovo scenario. Se quindi l’attuale governo dovesse cadere, in Parlamento ci sarebbero tutti i numeri per una nuova maggioranza giallorossa visto che il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico sono stati i due partiti più votati alle ultime elezioni.
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Dopo che durante il voto sulla calendarizzazione al Senato si è palesata una nuova maggioranza M5s-Pd-Autonomie-Misto, Matteo Salvini con una piroetta è in qualche modo tornato sui suoi passi non escludendo così che l’esperienza gialloverde possa andare avanti magari con un maxi-rimpasto. Via alcuni ministri del Movimento invisi a Salvini, da Toninelli a Trenta, con un analogo sacrificio da parte della Lega. L’appello a non «far tornare Renzi e Boschi» potrebbe ancora avere qualche effetto. Una ipotesi scartata dai Cinquestelle, che dalla villa di Bibbona di Grillo hanno bollato Salvini come «un interlocutore inaffidabile».
Nel caso di una fine del governo gialloverde e di un mancato accordo tra Pd e M5s, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe decidere di giocarsi l’ultima carta per evitare un voto in autunno che metterebbe a rischio l’approvazione della legge di Bilancio entro il 31 dicembre. Che sia un governo di scopo, tecnico, istituzionale o di legislatura, poco cambierebbe visto che a prescindere qualsiasi nuovo esecutivo avrebbe poi bisogno di una maggioranza parlamentare pronto a sostenerlo. Una sorta di appello alla responsabilità per rimandare le elezioni almeno al 2020, allo scopo di mettere al riparo il Paese dall’esercizio provvisorio. Non è detto che anche la Lega oltre al Movimento e al centrosinistra alla fine possa accettare questo compromesso.