La scarsa disponibilità di dosi di vaccini contro il coronavirus in Europa ha riportato al centro del confronto scientifico e politico la possibilità di ritardare le seconde somministrazioni, in modo che più persone possano ricevere almeno una dose del vaccino e avere qualche protezione contro il Covid-19. Una strategia che ha consentito di vaccinare nel Regno Unito quasi 20 milioni di persone e chi ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer o AstraZeneca ha determinato l’abbattimento di ricoveri rispettivamente dell’83% e del 92%.
Dal premier Mario Draghi al governatore campano Vincenzo De Luca passando per il parere di tecnici e politici il tema è molto dibattuto anche in Italia tanto da stare valutando una revisione del piano vaccinale. Al momento solo l’Irlanda, la Danimarca e la Svezia hanno scelto di prendere la strada del Regno Unito. Se decidesse di farlo anche l’Italia potrebbe essere una svolta. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha però tenuto a ricordare che l’Ema raccomanda ai Paesi europei di seguire la strategia del richiamo. Ma si tratta di una raccomandazione.
Nel Regno Unito la strategia del rinvio della seconda dose è stata seguita con convinzione, proprio con l’obiettivo di vaccinare il maggior numero possibile di persone nel tempo più breve possibile. Circa il 30% della popolazione britannica ha già ricevuto la prima dose del vaccino, mentre poco più dell’1% è stato sottoposto alla vaccinazione completa. È una differenza considerevole se si fa il confronto con altri paesi dove si è comunque proceduti rapidamente con le vaccinazioni, ma mantenendo la somministrazione della seconda dose entro i tempi indicati dai produttori.
Pfizer ha il richiamo dopo 21 giorni, Moderna dopo 28 e Astrazeneca dopo 10-12 settimane. Essendo trascorsi ormai quasi tre mesi dall’avvio delle campagne vaccinali, iniziano a essere disponibili dati sull’impiego dei vaccini tra la popolazione che possono essere messi a confronto con quelli dei test clinici. Il punto di riferimento per analisi di questo tipo è al momento Israele, il paese che in proporzione ha vaccinato più di tutti con il 52,7% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose del vaccino, e il 37,3% che ha ricevuto anche la seconda. Un’analisi realizzata sui dati raccolti su 600mila israeliani vaccinati con Pfizer-BioNTech ha fatto rilevare il 62% di efficacia nel prevenire casi gravi di Covid a due o più settimane dalla somministrazione della prima dose. L’efficacia nel prevenire morti per la malattia è stata calcolata del 72%, e si è rilevata un’efficacia del 46% nel prevenire nuove infezioni da coronavirus.
In Italia il confronto è ancora in corso: non si è deciso se passare alla dose unica di cui aveva parlato Draghi nel suo primo intervento da premier al Consiglio europeo perché una parte della scienza non è convinta. Al momento si è stabilito di utilizzare la dose unica solo per i circa due milioni di guariti dal Covid. Anche se il rinvio potrebbe comunque essere ridotto, con la somministrazione delle seconde dosi solo poche settimane in ritardo rispetto alle indicazioni dei produttori, nel caso in cui aumentasse significativamente la quantità di dosi disponibili. A partire da aprile la situazione dovrebbe migliorare, non solo grazie alle maggiori forniture dei vaccini già disponibili, ma anche grazie all’autorizzazione del vaccino di Johnson & Johnson che prevede l’utilizzo di una sola dose. Il vaccino è stato autorizzato negli Stati Uniti e si attende l’autorizzazione dall’Ema a metà marzo.