Alla fine, il divorzio è arrivato. Fidesz, il partito nazionalista del premier ungherese Viktor Orbán, ha annunciato la sua uscita dal gruppo parlamentare del Partito Popolare Europeo (Ppe), il principale partito di centrodestra all’Europarlamento. Dopo la sospensione a tempo indeterminato dal marzo 2019, la notizia era circolata più volte, ma oggi è diventato ufficiale soprattutto dopo che il Ppe ha approvato una modifica al proprio regolamento che permette di espellere un’intera delegazione senza consultare i delegati del partito.
🔔 EPP has voted through new rule changes that will allow them to suspend Fidesz from the group. Motion passes by required 2/3ds. 148 in favour, 28 against, 4 abstentions. Orban has promised to walk away from EPP as a result.
— Mehreen (@MehreenKhn) March 3, 2021
La tempistica, dunque, non è casuale. La modifica si è resa necessaria proprio per situazione del partito di governo di Budapest sospeso dal 2019 a tempo indeterminato e senza possibilità di voto interno, di partecipare agli incontri del partito e di proporre candidati per le varie cariche per le numerose contestazioni riguardanti lo stato di diritto nel Paese, la campagna anti-Europa e, infine, per la cacciata della Central European University dal Paese.
I membri del Ppe sono stati chiamati a votare il cambio al regolamento con l’inserimento della possibilità di espellere dalla formazione intere delegazioni e non solo singoli eurodeputati. Una decisione che, in caso di approvazione, rappresentava il preludio alla cacciata di Fidesz. E così è stato: la modifica è passata con 148 voti a favore (l’84%), 28 contrari e 4 astenuti. È a questo punto che è arrivato l’annuncio del partito di Viktor Orbán: «I deputati di Fidesz al Parlamento europeo – si legge – stanno lasciando il gruppo del Partito Popolare Europeo. È sbagliato e politicamente inaccettabile che, in periodo di epidemia che toglie la vita a migliaia di cittadini europei ogni giorno, mettendo pressione sui nostri cittadini e sulle nostre economie, una parte del Ppe porti avanti manovre amministrative imbarazzanti e limiti i diritti degli eurodeputati attraverso discutibili regole di sospensione».
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Quello di oggi è l’ultimo sviluppo di un rapporto turbolento tra Orbán e il Ppe, e potrebbe avere serie conseguenze per il ruolo e l’influenza di Fidesz nella politica europea. Sotto il governo di Orbán e del suo partito, negli ultimi anni l’Ungheria è diventata un paese semi-autoritario, eppure nel frattempo Fidesz era rimasta nel Partito Popolare Europeo, dove era entrata ormai una ventina d’anni fa, insieme a partiti molto più centristi e istituzionali come la Cdu di Angela Merkel, in Germania, gli irlandesi di Fine Gael, e i polacchi di Piattaforma Civica. Uscendo dal Ppe, il partito che controlla la maggioranza relativa dei seggi al Parlamento Europeo, Fidesz avrà un peso molto più ridotto in ambito europeo: i suoi europarlamentari non potranno incidere sulle questioni più importanti, e Orbán non potrà coordinarsi con i colleghi del Ppe .
Era da tempo che l’ala centrista del Partito Popolare cercava di spingere Orbán a moderare le sue posizioni. Già nel 2019 l’ex presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker disse che Fidesz «non rappresenta in alcun modo i valori democratici cristiani». Anche Donald Tusk, ex presidente del Consiglio Europeo e oggi presidente del Partito Popolare Europeo, ha sempre preso posizioni molto dure nei confronti di Fidesz. Non è chiaro cosa farà ora Fidesz: per come funziona il Parlamento Europeo, i partiti che non appartengono a un gruppo sono praticamente tagliati fuori dai lavori parlamentari. Negli ultimi giorni si è parlato di un eventuale ingresso nel gruppo dei Conservatori, che comprende l’estrema destra polacca di Diritto e Giustizia e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ma al momento non c’è nulla di ufficiale.