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Cos’è lo Ius soli sportivo chiesto da Malagò dopo la vittoria di Jacobs

Una legge del 2016 consente ai minori stranieri di essere tesserati per società italiane. Ma impedisce ancora oggi a loro di vestire la maglia azzurra

Giusy Bottari di Giusy Bottari
Agosto 2, 2021
in Sport
Tempo di lettura: 2 mins read
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Cos’è lo Ius soli sportivo chiesto da Malagò dopo la vittoria di Jacobs

Dopo la vittoria di Marcell Jacobs (che però è cittadino italiano dalla nascita) nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo 2020, il presidente del Coni Giovanni Malagò è tornato a chiedere lo ius soli sportivo per i giovani atleti che corrono sotto la bandiera italiana. «Noi vogliamo occuparci di sport e non riconoscere lo Ius soli sportivo è qualcosa di aberrante, folle. Oggi va concretizzato: a 18 anni e un minuto chi ha quei requisiti deve avere la cittadinanza italiana», ha detto Malagò.

In teoria una forma di Ius soli sportivo, ovvero la possibilità che giovani non in possesso della cittadinanza italiana partecipino a competizioni sotto la bandiera tricolore esiste già. Ma ci sono una serie di limitazioni che riguardano le convocazioni delle squadre nazionali. Una prima forma di «ius soli sportivo» è stata introdotta in Italia con una legge del febbraio 2016 («Disposizioni per favorire l’integrazione sociale di minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione in società sportive appartenenti alle federazioni nazionali»). La norma prevede che un ragazzo immigrato in Italia, anche se non ancora in possesso della cittadinanza italiana, possa essere tesserato da un club italiano e partecipare regolarmente alle competizioni. Il senso è riconoscere proprio lo sport come veicolo di integrazione dei nuovi arrivati. Unico requisito previsto dalla legge: i minori devono essere regolarmente residenti in Italia «almeno dal compimento del decimo anno di età».

Ma la legge del 2016 conserva una barriera: gli stranieri minorenni residenti in Italia ma non cittadini italiani non possono essere convocati per le selezioni nazionali. Per vestire la maglia azzurra devono attendere di diventare maggiorenni. Solo al compimento dei 18 anni, in base alle leggi sulla cittadinanza in vigore in Italia, possono avviare la pratica per ottenere la cittadinanza italiana e dunque sviluppare compiutamente una carriera agonistica. Da qui la richiesta di Malagò di allargare le maglie dello ius soli sportivo: «Non ci deve essere una via crucis: a partire dai 18 anni e un minuto chi ha quei requisiti deve avere la cittadinanza italiana. Vi posso raccontare di rimbalzi tra prefetture, ministeri e situazioni che rallentano il tutto e magari poi se ne va a gareggiare per un altro paese».

Una soluzione alternativa sarebbe quella di introdurre in Italia lo ius culturae. Un disegno di legge era stato approvato nel 2015 alla Camera ma si era poi arenato in Senato. Nel 2018 la parlamentare Laura Boldrini ha presentato un nuovo testo. L’obiettivo è riconoscere automaticamente la cittadinanza in Italia a chi nasce sul territorio italiano ad alcune condizioni. Ad esempio che almeno uno dei genitori sia nato in Italia oppure sia regolarmente residente nel Paese da almeno dieci anni. Qualunque riconoscimento di questi diritti ha incontrato fino a oggi l’opposizione dei partiti di destra. Opposizione ribadita dal leader della Lega, Matteo Salvini, anche di fronte alla richiesta di Malagò: «Ius Soli? Già oggi, a 18 anni, chiunque può chiedere e ottenere la cittadinanza. Squadra che vince non si cambia!».

Ius Soli? Già oggi, a 18 anni, chiunque può chiedere e ottenere la cittadinanza. Squadra che vince non si cambia!https://t.co/w6uArV3Mzr

— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) August 1, 2021

Tags: ConiGiovanni MalagòIus soli sportivoMarcell JacobsOlimpiadi di TokyoTokyo 2020
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