Il bis, per la seconda volta nella storia repubblicana. La disfatta della politica. La richiesta corale del Parlamento per Sergio Mattarella, che con 759 voti ed un lunghissimo applauso viene riconfermato presidente della Repubblica dopo l’elezione del 2015. Stavolta ottiene il sostegno della quasi totalità dei grandi elettori incrementando di 94 voti il risultato della prima elezione (665 nel 2015).
Dopo giorni e notti di interlocuzioni, vertici, veti e litigi le forze politiche hanno raggiunto un’intesa sul nome di Mattarella. Il presidente della Repubblica era fermamente contrario, per ragioni costituzionali , a un secondo mandato. Lo aveva ripetuto per mesi e mesi davanti a tutti quelli che lo sollecitavano a succedere a se stesso. È dal discorso di fine anno del 2020 che Mattarella spiega di non essere disponibile per una eventuale rielezione. E quando per rendere più esplicita la propria posizione aveva citato i discorsi con i quali due predecessori come Segni e Leone si erano espressi allo stesso modo, qualcuno aveva ritenuto di pressarlo proponendo di mettere in cantiere un disegno di legge per cambiare la Costituzione, con l’abolizione del semestre bianco. Quale che fosse l’intento di quell’iniziativa, non gli piacque per i modi e i tempi in cui fu proposta. Rischiava infatti di far passare l’idea che lui l’avesse ispirata, dettando condizioni al Parlamento o che stesse magari tramando per conquistare un bis.
Ecco perché le ultime settimane il capo dello Stato le ha vissute nel silenzio. Contatti zero e zero indiscrezioni da parte dello staff. Tutto ciò, mentre a ogni spoglio delle schede cresceva progressivamente il suo nome. Poi l’iniziativa presa dalle Camere e dagli altri grandi elettori di chiedergli la disponibilità a restare in servizio. «Avevo altri progetti. Ma se serve sono a disposizione», aveva detto Mattarella ai capigruppo di maggioranza. Decisivo l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi che ai leader di partito ha suggerito quanto opportuno fosse in questa fase il Mattarella bis «per il bene e la stabilità del Paese».
Quella della la rielezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è la storia di una disfatta, dell’incapacità di trovare un’intesa per garantire la Costituzione. Rose di nomi mai sfogliate, cariche istituzionali bruciate, la presidente del Senato carbonizzata per “misurare le forze” di una coalizione. È la ricostruzione del nuovo fallimento dei dirigenti politici di tutte le forze politiche dopo quella del 2013, quando si rifugiarono nella rielezione dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Doveva essere un’eccezione ed è già regola.
Il centrodestra nei giorni scorsi ha presentato una rosa di nomi rimasta lettera morta: Letizia Moratti, Marcello Pera, Carlo Nordio non sono mai stati messi alla prova del voto dei grandi elettori. Nel giorno della quarta votazione (l’ennesima andata a vuoto con la valanga di schede bianche) risale il nome di Pierferdinando Casini. Ma Matteo Salvini non se la sente, c’è da dare ancora la priorità alla coalizione. Giorgia Meloni lo obbliga a portare al voto almeno uno dei nomi che hanno messo insieme nei primi giorni. Salvini decide il nome più autorevole, quello della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ma la sua candidatura è tristemente naufragata: la presidente del Senato raccoglie 382 voti e si calcola che i franchi tiratori siano stati almeno 71.
Salvini sembra accelerare. Sente Letta, poi incontra Draghi: sembra arrivato il momento dell’elevazione del capo del governo a capo di Stato, ma è solo un’illusione. Così Fratelli d’Italia, dice, Elisabetta Belloni potrebbe andare. Ed ecco che dalla trattativa tra Salvini, Conte e Letta esce fuori l’idea di una presidente donna. Il pensiero di tutti è ormai su Elisabetta Belloni, direttrice del Dis, il Dipartimento che sovrintende i servizi segreti. Ma nella rosa ci sono anche la ministra della Giustizia Marta Cartabia e l’avvocata Paola Severino, che per Forza Italia ha il peccato originale di aver dato il nome alla legge che prevede che se un parlamentare è condannato in via definitiva per reati e pene gravi deve decadere.
Ma poi ritorna il nome di Casini, su cui è stato opposto il rifiuto della Lega. D’altra parte per quattro giorni il centrodestra era andato a dire a tutte le televisioni che Casini non è un esponente del centrodestra. Dire di sì a un eletto del centrosinistra avrebbe trasformato una sconfitta in una waterloo. Dall’altra parte Conte avrebbe tentato di rimettere in corsa Belloni o Severino. Il tempo, però, era ormai scaduto.
La confusione regna sovrana. Draghi incontra Mattarella. Salvini doveva essere il kingmaker e forse gli sembra esserlo fino in fondo. Alla fine tocca a lui certificare il fallimento della trattativa e propone di riconfermare Mattarella e Draghi. C’è amarezza, delusione e anche rabbia in Fratelli d’Italia per come è andata a finire. «È il fallimento della politica», sottolinea Giorgia Meloni. «I partiti hanno scelto di tirare a campare, barattando di fatto sette anni di presidenza della Repubblica in cambio di sette mesi in più di governo e di legislatura».
La fumata bianca è arrivata all’ottava votazione. Con 759 voti Sergio Mattarella è stato rieletto presidente della Repubblica. Il giuramento è previsto per giovedì alle 15.30.