Ci sono libri che non invecchiano: da sempre la loro voce parla agli uomini del futuro. Sono il frutto di una storia di ritrovamenti, di parole apparentemente credute perse, e invece vive, capaci di attraversare le epoche. Poesie ritrovate di Mario Luzi, credo, sia uno di questi. In questo libro il poeta, poco prima di morire, raccoglie dei versi scritti fra il 1933 e il 1935, per puro caso ritrovati, e che a noi lettori di oggi appaiono come dissepolti dalla fuga del tempo, carichi di presente, fortemente attuali in una società come la nostra dove c’è più che mai bisogno della parola poetica e di un pensiero forte.
Mario Luzi, Poesie ritrovate, a cura di Stefano Verdino, Garzanti, 2005, euro 14,00.
Dietro il nitore delle immagini tratte dal mondo naturale e l’energia viscerale, a tratti profetica della scrittura, è facile cogliere la sofferenza lasciata dalla morte, dal silenzio, probabilmente anche dall’esperienza della dittatura; c’è un non detto che attraversa il testo che si sostanzia in un mondo di dolore e gioia, di luoghi e persone, che appaiono nella loro fisicità ma anche trasfigurati. Il poeta fin dai primi versi si rivolge agli uomini. Interroga il mondo, dà sostanza alle cose, le fa vivere ancora, sia quelle che non sono più, sia quelle che saranno.
Gli uomini che verranno gli appaiono come passeggeri raminghi sull’erba delle tombe; per loro è un passaggio obbligato: ad attenderli lì c’è la testimonianza di coloro che non ci sono più, il resoconto delle loro storie, delle loro esistenze (p.31):
Da voi hanno preso sofferenza da voi gioia
Le cose; ed ora ognuno si domanda
Quali saranno, quali raminghi
Uomini passeranno
Sull’erba delle vostre tombe.
L’amore, i legami umani (p.36) ma anche la morte e la perdita segnano profondamente il giovane Luzi che sente sé stesso come una creatura che brama (p.77), in perenne relazione con il mondo naturale, e alla ricerca di una propria dimensione esistenziale che gli consenta di andare oltre la sofferenza e le perdite affettive. All’esperienza vissuta e concreta si sovrappone, però, la percezione di una figura che a volte assume le fattezze di un angelo origliante, emblema di ingenuità, purezza (p.34), di cammino verso la luce, altre volte (specie nell’ultima lirica della prima sezione) la forma di un’apparizione salvifica, che va oltre il tempo e la fisicità, e placa la sofferenza, colma lo iato fra l’uomo e il cosmo (p.48):
[…] In riva la luna
Si piega su la sensitiva aria,
La terra entra in quale opaca stanza,
Con la mia umanità sì consunta
Che anche la colpa in lei si fa soave.
La seconda sezione si apre con versi più eterei, già dalla lirica Le fanciulle. Il paesaggio si fa più disteso, anche se non in tutti i testi, e il poeta sembra cogliere nel vissuto qualcosa di eterno oltre il dolore. Nella morte stessa più che l’assenza e la perdita c’è una sorta di redenzione; la poesia si fa simbolica, ritorna la figura dell’angelo ma come portatore di qualcosa di eterno che va oltre il transeunte (p.53):
Angeli non portate il sole
stamani, le illusioni
dormono dentro le vostre mani.Noi beviamo con sorso profondo
nella notte che ci offende
il greve latte da cui tutto discende.
Luzi fra il 1933 e il 1935, anche se giovanissimo, è già poeta di architetture complesse e di essenziali e incisive immagini visive. Ha già in sé il fuoco, il tormento della parola, e una volontà fortissima di non cedere dinanzi al dolore, a un facile pessimismo. È già netto e ben distinguibile il suo cammino e il suo insegnamento: la sua scrittura è animata da un amore profondo e autentico per l’umano e dalla ricerca di un senso che riconcili l’uomo con la natura, e gli uomini con loro stessi. È questo messaggio che fa di Poesie ritrovate un libro scritto per i posteri, cioè per gli uomini del nostro tempo che non hanno saputo imparare dalla storia. Se infatti si fossero recati alle tombe dei padri avrebbero imparato ad amarsi di più, avrebbero capito che quello dell’amore è un valore non negoziabile.