La crisi di governo è giunta al suo decimo giorno. Da quando il vicepremier leghista, Matteo Salvini, ha chiesto di andare «subito in Parlamento, per prendere atto che non c’è più una maggioranza» e «restituire la parola agli elettori» si rincorrono ipotesi, scenari plausibili, alleanze improbabili, rimpasti e polemiche. Ma solo martedì si conoscerà il destino dell’Italia. Cosa deciderà Conte – se attendere il voto di sfiducia e poi decidere il da farsi, se aggrapparsi all’idea che Leu e Pd possano boicottare la mossa di Salvini e lasciare l’Aula, o se, ancora, presentarsi al Colle e rassegnare le dimissioni – rimane ancora un rebus.
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Intanto, dopo la presentazione della mozione sfiducia contro il premier Conte l’alleanza con i Cinquestelle si è frantumata. Anche se Salvini continua a chiamarli «amici», Di Maio e compagni dicono che «ormai la frittata è fatta». E nonostante la sua marcia indietro sulla riforma del taglio dei parlamentari, a patto di andare subito al voto, la frattura sembra insanabile. «Salvini ha fatto tutto da solo, per tornare dopo nemmeno 24 ore nelle braccia di Berlusconi. Ora è pentito, ma ognuno è artefice del proprio destino. Buona fortuna», è l’ultimo post del leader dei 5stelle. Anzi il penultimo: l’ultimo è quello scritto per smentire il ritorno al governo con la Lega. Fonti dem, infatti, avevano ipotizzato l’esistenza di un’offerta molto generosa da parte di Salvini: concedere a Di Maio la poltrona di presidente del Consiglio, in cambio di un rimpasto dei ministri: via Difesa, Infrastrutture ed Economia e nuovo spacchettamento di Mise e Lavoro. Un’ipotesi completamente smentita sia da Di Maio che dal M5s.
Nei giorni della crisi, il capo politico del M5s ha incassato l’appoggio di Beppe Grillo, tornato in campo per schierarsi contro il ritorno alle urne. L’obiettivo adesso è «salvare l’Italia dai barbari». Il fondatore del Movimento, tra l’altro, non ha chiuso all’ipotesi di un’alleanza con il Pd: sia perché i dem e i grillini avevano cominciato a trattare già dopo il 4 marzo del 2018. Ma soprattutto perché tornare a votare ora conviene solo alla Lega: non al Pd, non ai 5 stelle e neanche a Forza Italia. Il Pd ha impiegato cinque giorni per schiarirsi le idee e passare dal «mai con i 5 stelle» di Nicola Zingaretti a «un contratto alla tedesca» con i 5 stelle di Graziano Delrio. In principio fu proprio Renzi ad aprire all’ accordo di legislatura con il Movimento 5 Stelle, il cosiddetto lodo Bettini, che sarebbe strumentale ad evitare l’aumento dell’Iva. «Se si va a votare non so se il Pd prende il 25%, ma so che l’Iva va al 25%, ed è un disastro per il Paese: è sicura la recessione», ha detto l’ex premier, chiedendo un «esecutivo istituzionale».
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Nonostante la frattura insanabile con Giuseppe Conte, anche dopo il caso Open Arms, fonti interne al Partito Democratico hanno giurato che le trattative tra Lega e Movimento 5 Stelle sarebbe progredita. Il leader del Carroccio, addirittura, avrebbe proposto a Luigi Di Maio di prendersi la poltrona della presidenza del Consiglio, in cambio di un rimpasto dei Ministri. Ma i grillini hanno smentito ancora una volta. «Vorremmo mettere una cosa in chiaro, visto che ancora non lo è per tutti. Salvini e la Lega non solo hanno fatto cadere il governo a Ferragosto, portando il Paese sull’orlo del precipizio per rincorrere i sondaggi e il loro interesse personale. Salvini e la Lega hanno anche fatto una scelta politica, una chiara scelta politica. Perché 24 ore dopo aver aperto la crisi, hanno chiamato Berlusconi e sono andati ad Arcore […] E sapete qual è il paradosso di tutto questo? Che ora pare sia lo stesso Berlusconi a snobbarli. Gli ha dato picche! Chissà cosa penseranno adesso coloro che negli ultimi mesi si erano avvicinati per la prima volta alla Lega. Salvini ha preferito Arcore a voi. È vero, ha provato a fregarci tutti, ma alla fine si è fregato lui», si è letto sul Blog delle Stelle.